A tutti sarà capitato di fare, senza volerlo, una domanda inopportuna. Tipo chiedere come va il lavoro a uno che è stato licenziato, o come va con la morosa a uno che si è appena lasciato. Quelle domande, automaticamente, finiscono nell’archivio di quelle da evitare per non creare imbarazzo. Un po’ come è successo dalle nostre parti per la questione del Giro d’Italia. Perché da Rimini il Giro non passa più? Mentre si affievolisce il ricordo dell’ultima volta che Rimini è stata sede di tappa, quasi cinque lustri fa, ormai, rassegnati, non ce lo si chiede quasi più. È chiaro che dietro la definizione delle tappe del Giro ci sono complessi accordi economici tra organizzatori e ospitanti, e probabilmente da una parte o dall’altra, se non da entrambe, non si ritiene conveniente inserire Rimini nel percorso Rosa. Ma, se non un arrivo, almeno la soddisfazione di vedere transitare la carovana da queste parti, fosse anche su un rettilineo ai 50 all’ora. Invece anche quest’anno la provincia di Rimini è ignorata con precisione a dir poco scientifica. Mercoledì 21 maggio, undicesima tappa Urbania-Cesena: i ciclisti lasceranno la provincia di Pesaro, sfiorando alle spalle San Marino, per poi entrare in provincia di Forlì da Sogliano. Insomma, per Rimini il Giro rischia di diventare come il Tour de France: un evento da seguire sul divano. A meno di non volersi muovere e sconfinare, ma a quel punto, per gli appassionati, vale la pena di prendersi tre giorni di ferie e salire sulle Dolomiti.
Eppure, come ammette “La Gazzetta dello Sport” nella presentazione della tappa “la Romagna è una zona dove il ciclismo è sentito con costante passione e partecipazione popolare”. Rimini è in Romagna, ma forse se lo son scordati. E a Rimini ci siamo pure inventati la Notte Rosa, ma la maglia Rosa di qua non sembra avere proprio voglia di passarci.
Maurizio ceccarini