Nessuno è perfetto, in fondo chi può dire di non avere un buco nel cuore?” dice con un sospiro la caposala portandosi le mani al petto al termine della commedia.
Sì, perché un buco nel cuore è il punto di partenza di questa favola moderna ambientata in ospedale. Un vero buco nel cuore: è quello di Azzurrina, che cardiologi e cardiochirurghi si contenderanno fino alla fine. Ma anche un modo di dire del bisogno d’amore, della ricerca della felicità che a volte si realizza nel modo e nel luogo più impensato. La ragazza con il buchino nel cuore incontra infatti un ragazzo col cuore che va troppo piano. A lei dovranno impiantare il famoso “ombrellino” che chiude il buco, a lui un pacemaker che faccia andare il cuore più forte. Moderne terapie supertecnologiche quindi, per curare malattie antiche. Ma sarà la medicina più antica a funzionare meglio di tutte. Corsie di ospedale, dottori, ragazzi, bambini, musiche: si ride e ci si commuove, in questo Figli di un Dia minore, con il finale a sorpresa.
Una storia per grandi e piccoli, il cui ricavato sarà devoluto all’Associazione Piccoli Grandi Cuori onlus (Cardiologia-Cardiochirurgia Pediatrica del Sant’Orsola di Bologna). Dietro alla commedia (Teatro degli Atti, Rimini, domenica 17 ottobre alle ore 16.30 e 18) e dentro all’Associazione c’è un medico, anzi un cardiologo riminese, Gabriele Bronzetti, 46 anni da San Giuliano, da anni impegnato sotto le Due Torri a risolvere i problemi di cuore.
Gabriele Bronzetti: da affermato cardiologo ad autore di teatro. Come è avvenuto il passaggio?
“È nato tutto per gioco, di ritorno da una commedia insieme alla mia famiglia. Mia moglie, infatti, mi ha interpellato: «ti cimenti con la scrittura, perché non scrivi una commedia per i ragazzi e i pazienti?». Nasce così Figli di un Dia minore, che già dal titolo fa il verso al famoso film degli anni Ottanta Figli di un dio minore. Inoltre spinge sull’evidente gioco di parole del Difetto Inter Atriale (la più frequente malattia cardiopatica che incontriamo in corsia), e con altri significati. C’è il tema della diversità, dello scontro-incontro tra culture. Inoltre, dal momento che si è malati, sorge un immenso bisogno di comunicazione. Il malato non vuole solo guarire, vuole essere curato. La malattia è quindi una formidabile occasione per conoscere se stessi e anche gli altri, a cominciare da quello straniero che abita il nostro corpo difettoso. Un’occasione che i «sani», i sani immaginari, ovviamente vorrebbero rimandare all’infinito, ma tutti, prima o poi, siamo attesi dalla malattia.”
Ragazzi ammalati, corsie di un ospedale, operazioni. Che commedia dobbiamo aspettarci?
“È ambientata in nosocomio, ma si ride e ci si commuove. I toni più drammatici sono smorzati, i medici descritti in maniera ironica.
Da un lato, infatti, ci sono i Cavalieri del Camice Verde, i cardiochirurghi guidati dal dottor Ratatagli, dall’altra i cardiologi, i Templari di Amplatz capitanati dal Signore degli Ombrelli. I primi vorrebbero risolvere la cosa a modo loro, operando la ragazzina a cuore aperto. I secondi invece mirano ad entrare dentro il cuore elegantemente, per chiudere il buchino con il mitico ombrellino Amplatzer. In realtà, la guarigione, con la G maiuscola, avviene grazie a qualcosa’altro, che sarà svelato solo al the end.”
Lei ha prestato aiuto dal 1997 come medico volontario in Africa, nella missione della dottoressa riminese Marilena Pesaresi. Quanto c’è di quell’esperienza nella commedia?
“Basterebbe il protagonista maschile che è africano, per testimoniare quanto è stata importante l’esperienza nel Continente Nero. Non la dimentichi più.”
P. Guiducci / L. Menghi