La cornice del discorso di inizio anno al Corpo diplomatico di papa Francesco è una lettura realistica e soprattutto personalistica ed umanistica del “multilateralismo”. Lo riprende dal discorso alle Nazione Unite di san Paolo VI nel 1965 e orienta con chiarezza verso la “difesa dei deboli”, denunciando la “ricerca di un consenso immediato e settario” a breve termine, e “forme di colonizzazione ideologica” di “globalizzazione sferica”, che produce per reazione populismi e nazionalismi.
Qui c’è anche la questione dei migranti. Su cui il discorso al corpo diplomatico rappresenta una buona occasione per riflettere. E fare chiarezza.
Perché purtroppo sta diventando corrente nel sistema della comunicazione e per derivazione anche nel discorso comune, quotidiano, l’equazione Papa Francesco – accoglienza dei migranti. Si sta accreditando insomma la volgata per cui il Papa non avrebbe null’altro da dire e non dica altro. E per di più in modo perentorio e acritico. Così si attivano opposte tifoserie, si fa un bel po’ di baccano mediatico, con il pratico risultato, caricaturandola, di applicare il silenziatore alla voce del Papa (e della Chiesa), ridotto alla ripetizione di un refrain che ne enfatizza la marginalità.
E così nessuno si prende la briga di mettere in atto concrete politiche pubbliche per fronteggiare la questione. Limitandosi appunto alla propaganda.
In realtà il punto è proprio questo e nel discorso al corpo diplomatico, che, per dare una misura delle cose, dedica giustamente meno di un dodicesimo dello spazio alla questione dei migranti, dice con chiarezza: “Le recenti emergenze hanno mostrato che è necessaria una risposta comune, concertata da tutti i Paesi, senza preclusioni e nel rispetto di ogni legittima istanza, sia degli Stati, sia dei migranti e dei rifugiati”.
Certo il discorso del Papa è scomodo. Ma non perché è ideologico, come molti si ostinano a ripetere, con l’obiettivo di creare conflitti intra-ecclesiali e nell’opinione pubblica, ma perché è esplicito e mette ciascuno e dunque anche i responsabili politici di fronte alle proprie responsabilità.
Assicurando nel frattempo comunque, la sollecitudine pastorale e caritativa alle persone concrete, come da sempre fa la Chiesa. Ma nella chiara distinzione dei piani e dunque delle responsabilità.
Il problema è politico, ma la politica non lo affronta, se non con dinieghi o spot elettorali. Questo in Italia, come in Europa e nel mondo. E al mondo ogni giorno parla il Papa.
Francesco Bonini