INTERVISTA L’intervento di Lidia Maggi, teologa e pastora battista agli incontri promossi dall’ISSR Marvelli
Una parola difficile e provocatoria: poteri.
Ma in grado di aprire tanti orizzonti e possibilità.
Per la quinta tappa della rassegna “In-dipendenti. Dipendere per essere unici”, gli organizzatori dell’equipe Pardes (Paradiso) dell’Istituto superiore di scienze religiose “A. Marvelli” scelgono di rileggere questa parola in una chiave nuova.
Può esistere un potere “giusto” che non sia solo esercizio di controllo ma responsabilità?
A partire da questa domanda si è sviluppata la serata di mercoledì 13 marzo nel Teatro del Seminario con la teologa, pastora battista e ministra biblica itinerante Lidia Maggi.
Professoressa, che cosa ci dicono le Sacre Scritture sul tema del potere?
“Per leggere la Bibbia serve fare la fatica di ascoltare la voce dell’altro. La Bibbia è il racconto di un mondo sottosopra dove chi non ha potere trova la sua voce, chi è silenziato e sommerso nella Bibbia esce dall’invisibilità.
Questo è possibile perché la voce di chi non ha potere è assunta da Dio e diventa voce di Dio. Le Scritture sono la storia di un Dio che custodisce la voce di chi non ha voce.
La nostra fatica ad ascoltare le Scritture nasce anche da questo, dalle nostre sicurezze. Leggere la Bibbia ci chiede invece di diventare viandanti, migranti, donne silenziate… La Bibbia tenta così di affrontare i poteri di chi svilisce la relazione. È interessante parlare di poteri al plurale perché esistono tante forme di potere: economico, politico, ma anche quel tipo di potere nelle relazioni che le donne hanno poi definito patriarcato”.
Come interviene Dio nella Bibbia per scardinare le logiche del potere?
“Pensiamo ad esempio al libro dell’Esodo. Questo testo racconta il primo intervento di un Dio liberatore, un intervento politico.
Da una parte, infatti, abbiamo un faraone che vuole il suo popolo schiavo e soggiogato. Dall’altra parte Dio, che ci vuole liberi. In Egitto non c’è possibilità di vita e futuro, ma Dio deve convincere anche il suo popolo a liberarsi.
Con quella tipica ironia delle Scritture, a liberare il popolo soggiogato sono due donne, due levatrici, due persone apparentemente senza potere. Davanti all’ordine terribile di uccidere i neonati maschi decidono di disubbidire.
Resistono al potere della morte con i pochi strumenti che possiedono. Tessono relazioni di senso e di vita in attesa che entri in scena quel Dio ancora latitante e che poi interverrà con i loro stessi gesti, le loro stesse parole.
La Bibbia ci dice che chi pensa di non avere nessun potere in realtà può scoprire di avere competenze e valore. Chiamiamo Esodo il Libro dei Nomi ed è interessante che l’unico nome a non venire ricordato sia proprio quello del potente faraone”.
In che modo il patriarcato si annida nella Bibbia?
“La Bibbia è un libro realistico, che si attua in un contesto patriarcale. Ma ci sollecita anche a scardinare questo potere. Nell’episodio della creazione di Adamo ed Eva l’uomo si prende il potere di nominare la donna in funzione di se stesso. Non è un potere che gli ha dato Dio ma è il patriarcato che è già entrato nella relazione e silenzia la voce di Eva.
La scelta oggi di alcune Chiese di non permettere alle donne di proclamare la Parola va purtroppo ancora in questa direzione.
Ma quali strategie ci mostrano le Scritture per scardinare questo potere?
Se nell’Esodo la soluzione è la fuga, un altro tipo di soluzione è quella che ci presenta un Dio dalla parte delle donne. Pensiamo ad Abramo e Sara: in questo racconto Dio si schiera apertamente dalla parte di Sara. Inoltre, la Bibbia ci mostra lo sforzo di dare voce alle donne da sempre silenziate. Il Cantico dei Cantici, che leggiamo come una storia d’amore, in realtà mette in scena un amore clandestino. In un contesto dove il matrimonio soggiogava la donna e la rendeva schiava del marito, il Cantico racconta un amore fuori dal controllo di padri e fratelli, finalmente libero”.
Ma può esistere un potere che non deforma le relazioni e le libera?
“Le Scritture ci mostrano da sempre un Dio che restituisce dignità ai perdenti della storia. Come Noemi, che ha perso tutto, ma nella relazione con Rut si scopre competente e apre una breccia nel futuro dell’intero popolo. O pensiamo alle Beatitudini: Gesù chiama beati i perdenti. Quando pensiamo di non valere niente c’è un Dio che ci dice: tu vali. Le Scritture ci mostrano che può esistere anche una grammatica corretta del potere. Proviamo a trasformare questa parola da sostantivo a verbo.
Potere diventa la possibilità di agire, di non sentirsi impotenti. Gesù quando manda i suoi in missione, dà loro il potere di guarire, di liberare, di creare relazioni buone. E lo fa attraverso azioni e poteri paradossali: il potere di servire, di mettere al centro i più piccoli, di pensare al mondo sottosopra. Gesù ci dice così che abbiamo il potere di cambiare il mondo e di non sentirci impotenti rispetto al male”.
Conclusa con questo auspicio la serata, così ricca e promettente, è già il tempo di segnalare il prossimo appuntamento: mercoledì 11 aprile con l’ex magistrato Gherardo Colombo si parlerà di #regole. Il viaggio di Pardes continua.
Silvia Sanchini