Russell Crowe, per il suo debutto da regista nel lungometraggio (prima aveva realizzato due documentari sulla band musicale con cui si esibì anche a Sanremo nel 2001), sceglie la via per Gallipoli in Turchia, nei luoghi bagnati dal sangue nella Prima Guerra Mondiale. Ma l’esordiente regista australiano percorre principalmente la strada del dopo conflitto, nel 1915, interpretando la figura di un padre che, dall’Australia, arriva in Turchia per ritrovare, in promessa alla moglie suicidatasi per il dolore, i corpi dei tre figli morti in battaglia e riportare le spoglie nella terra nativa. Scavando nel dolore e nella terra martoriata padre scoprirà la verità sul destino dei figli.
The Water Diviner è un film d’impianto classico che Crowe costruisce con un certo entusiasmo, riuscendo a realizzare un film di impatto complessivamente buono, pur con qualche “scivolata” espressiva dovuta principalmente all’inesperienza dietro alla macchina da presa. Riesce comunque nell’intento di emozionare in questa vicenda di ricerca, di speranza e di incontri, principalmente con la bella Ayshe (Olga Kurylenko, già Bond Girl in Quantum of Solace) anche lei in attesa del marito disperso in guerra e con il maggiore turco Hasan (Ylmaz Erdogan, il commissario di C’era una volta in Anatolia), un tempo nemico ed ora, strada facendo, compagno d’impresa, nel segno della solidarietà e della tolleranza.
La guerra, il dolore, la necessità di ritrovare le poche tracce rimaste di una famiglia spezzata per sempre: Crowe dedica la sua opera prima di fiction ai caduti nella Grande Guerra, in particolare a tutti i dispersi e i “soldati senza nome”. Due curiosità: nella colonna sonora c’è un brano di Ludovico Einaudi e in un piccolo ruolo rispunta Megan Gale.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani