Per alcune persone l’estero è quasi una vocazione, una ricerca, una voglia di esplorare e conoscere. Luca Silvestri è un ottimo rappresentante di questo gruppo. Ventinovenne riminese, Luca, dopo aver passato parte dell’infanzia in America Latina, seguendo il padre, torna in Italia a 10 anni. Continua a viaggiare per passione, ma rimane a vivere qui. Si laurea a Padova nel 2006, e a quel punto decide di fare nuovamente esperienza dell’estero.
“Non sono andato via seguendo un progetto preciso – racconta – avevo voglia di fare esperienze di lavoro all’estero. Così, a gennaio del 2007 sono partito per un servizio volontario extraeuropeo in Bolivia. Sono stato un anno a lavorare in un istituto, la «Casa del Mandorlo» di integrazione per bambini disabili, gestito dalla riminese Teresa Cremonesi”.
Poi, però, vince una borsa di studio organizzata dal Ministero degli Esteri per un tirocinio all’Istituto italiano di Cultura, a Singapore.
“Borsa tra virgolette perché non ti danno una lira. Comunque anche in questo caso l’esperienza è stata molto bella. Sono rimasto a Singapore un anno, ho curato diversi progetti, tra cui quello del Festival del cinema italiano”.
Dodici mesi e Luca riesce a trovare un contatto per un altro istituto italiano di cultura, questa volta a Shanghai. Ma arriva la mannaia dei tagli alla cultura e dopo poco più di 200 giorni Luca torna in Italia. Ma dopo alcuni mesi ha già deciso la sua prossima meta: Toronto. Si tratta di aspettare prima il visto, e poi che si liberi il posto di tirocinante al «Corriere Canadese», il quotidiano di lingua italiana il cui caporedattore, Francesco Veronesi, abbiamo intervistato poco più di un anno fa.
“Tra una cosa e l’altra sono arrivato a Toronto da due settimane. È una città incredibile. Forse l’esempio migliore di città multiculturale. Non ci si sente stranieri. Ma il clima è davvero tremendo. A metà novembre comincia a nevicare, e fino a marzo è terribile”.
Ha dei progetti futuri? Valuta di tornare in Italia?
“Non ho mai pensato di impostare la mia vita per stare all’estero, ma in questo periodo lavorare in Italia è davvero difficile. Se c’è una cosa a cui ci si abitua bene, all’estero, è che il mercato del lavoro funziona meglio. Non dico che fuori è un paradiso. Anche altrove hanno i contratti a tempo determinato, i tirocini e tutto il resto, ma questo non trasforma tutto il lavoro in manodopera gratuita come invece succede in Italia. Ora mi sto guardando attorno, ma ho l’idea di tornare in Bolivia”.
Stefano Rossini