Il cherubino d’oro che compare nella fotografia allegata a questo breve scritto, si affaccia dal lato sinistro dell’ancona dell’altare di San Nicola da Tolentino nella chiesa riminese di Sant’Agostino, e sostiene una mensola del suo grande e complicato fastigio. È ricomparso lucente in questi giorni, dietro allo schermo bianco e azzurro dell’impalcatura eretta per restaurare appunto tale ancona, che è in legno intagliato e dorato, incredibilmente ricca di volute, ricci, conchiglie, festoni, fiori e verdure varie, e che incornicia una bella tela di Angelo Sarzetti.
Il restauro, condotto dalla restauratrice Rossana Allegri sotto la direzione della Soprintendenza bolognese, l’ha consolidata, disinfestata, ripulita, reintegrata, portandola a nuova vita, e soprattutto prolungandole la vita. Si tratta di una delle quattro grandi ancone lignee di questa chiesa meravigliosa, che è giustamente celebre per gli affreschi della scuola riminese del Trecento, ma che oltre a questi contiene anche tutta una serie di capolavori d’arte seicenteschi e settecenteschi di inestimabile valore, restaurati in gran parte negli ultimi decenni.
La chiesa di Sant’Agostino, duecentesca, ma all’interno completamente riformata nel corso del Seicento e del Settecento, è la più ricca della città e della diocesi di opere barocche di grande qualità, e l’unica a possedere grandissime ancone lignee (sono alte quasi dieci metri), che sono veri capolavori di architettura e di intaglio, inesplicabilmente sottaciute da tutte le guide locali.
Dove e quando furono fatte? Le osservazioni e gli elementi messi in luce durante il restauro aprono molti interrogativi, ai quali si sta lavorando per dare riposta. Ma intanto, dalla metà del mese prossimo, sarà possibile rivedere l’opera dopo il provvidenziale restauro, costato più di tre mesi di lavoro, a cui ha provveduto la generosità di una persona privata (la signora Irma Brioli), che sta facendo restaurare anche un prezioso tessuto posto come paliotto davanti all’altare di San Giovanni Nepomuceno. Speriamo possa avere nel tempo altri generosi imitatori: per esempio per il restauro del solenne portale esterno in pietra, che le intemperie e lo smog hanno malamente corroso e macchiato.
Quando il restauro sarà concluso contiamo di ritornare sull’argomento, con la speranza di poter fornire qualche dato nuovo su questo altare bellissimo e complicato, accanto a cui ha voluto essere sepolto uno dei più grandi parroci e uno dei più illustri studiosi riminesi del primo Ottocento, il canonico don Luigi Nardi: che per umiltà pretese solo una piccola lapide anonima, e semplicemente per supplicare una preghiera “per un povero prete”.
Pier Giorgio Pasini