La fiaba, lungi dal potersi meramente concepire come “storia per bambini”, è costruita su un linguaggio iniziatico che la rende accostabile alle parabole evangeliche e, in senso più ampio, alla pedagogia spirituale della Sacra Scrittura. In entrambe, con i dovuti distinguo, ritroviamo proposti, in una prospettiva metastorica, archetipi e contenuti mistagogici.
Simile a quello della fiaba è il linguaggio con cui Bitino da Faenza (Faenza ante 1398 – Rimini ante 1427), con stile affascinante e prezioso, dipinge episodi del Vangelo e vite di Santi. Faentino d’origine e riminese d’adozione – a Rimini ebbe la sua bottega – Bitino raccoglie in sé tanto la classicità misurata e ordinata di Giotto, quanto elementi precipui del gotico internazionale: vivacità della narrazione, raffinatezze negli abiti, dettagli pregiati.
L’unica opera a lui attribuibile con certezza, in quanto datata e firmata, è la pala conservata presso la chiesa di San Giuliano, a Rimini, con scene del martirio e della traslazione del corpo del Santo. Un tempo collocata sull’altare della cappella che ospitava il sarcofago con le sante reliquie, l’opera presenta una struttura che rammenta la facciata di certe chiese romaniche, costituite da diversi registri d’arcate. Il tema non è solo la vita del Santo, la cui immagine gloriosa occupa lo spazio centrale ed intorno alla quale compaiono le scene dell’agone martiriale, ma anche la narrazione del viaggio soprannaturale del sarcofago, che dal Proconneso raggiunge la costa adriatica.
Grazie al lavoro del celeberrimo critico d’arte Federico Zeri, il discorso sul pittore faentino, in precedenza fortemente incentrato su quell’unica opera di attribuzione certa, è andato ampliandosi notevolmente. In virtù di assonanze stilistiche, i dipinti non firmati ma attribuiti a Bitino sono ora molteplici. Due di questi sono stati al centro della conferenza tenutasi presso il Museo San Francesco, a San Marino, dal titolo “L’Albero Mistico e l’Adorazione – Le fiabe gotiche di Bitino da Faenza”, organizzata dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose “A. Marvelli” e tenuta dallo storico e critico d’arte Alessandro Giovanardi.
La prima opera su cui s’è posta l’attenzione è una Adorazione dei Magi (nella foto), affresco realizzato per la chiesa di San Francesco, a San Marino, e ora conservato presso l’adiacente pinacoteca, in cui si manifesta la vitalità del gotico e si ritrovano condensati gli ideali estetici dell’artista: i Magi sono raffigurati con vesti ricche e colorate che ne sottolineano aristocrazia, esoticità e dignità regale, mentre i doni che portano sono racchiusi in teche pregevolissime, che ricordano lavori di raffinatissimo artigianato, come reliquiari, pissidi ed ostensori.
Il secondo capolavoro osservato è stato la cuspide di un polittico, andato per il resto perduto, raffigurante la Crocefissione. Acquistato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini ed ora conservato presso il Museo della Città, il dipinto presenta una Croce formata dall’incrocio di rami potati, rimando all’Albero della Vita, quell’axis mundi antropologicamente collocabile al centro di tempo e spazio, collegamento tra i mondi celeste, terreno ed infero, e situabile, in chiave biblica, tra Genesi ed Apocalisse: l’ordine perduto a causa del frutto proibito, è ristabilito dal sangue del Redentore, che come frutto pende dall’albero, ma solo nella Gerusalemme celeste tale ripristino sarà immutabile ed eterno. Alla sommità della Croce troviamo il pellicano, ulteriore rimando a Cristo, poiché, nei bestiari medievali, si dice nutra i figli con il proprio sangue.
Essendo ciascun’opera medievale volta a squadernare realtà invisibili, ognuna richiede una lettura articolata su vari livelli, necessaria per dipanare la stratificazione verticale dei significati.
Filippo Mancini