Il nome di Dio non viene mai direttamente nominato, eppure in tutte le sue pagine si parla d’amore, spirituale e fisico, fra due sposi. “Dio è studiato ed esaltato nella sua immagine che è l’uomo” puntualizza don Gabriele Gozzi. Fresco di nomina quale responsabile dell’Ufficio dell’Apostolato biblico, il 44enne don Gozzi raccoglie il testimone da don Davide Arcangeli: la Settimana Biblica, giunta alla sua XXII edizione, è il suo “esordio” nel servizio.
“La Settimana Biblica, appuntamento di formazione e di ricerca biblica rivolto a studenti dell’ISSR ‘Marvelli’, agli operatori pastorali delle parrocchie e a tutta la cittadinanza, è uno dei tanti, ricchi semi gettati in questi anni, dai Centri di ascolto del vangelo agli Atelier.
Spero di poter custodire e – perché no coltivare questi germogli”.
Il tema 2020 è il libro che “rende impure le mani”, come usa dire la tradizione ebraica per indicare il carattere ispirato dell’opera.
“L’immagine, pur provenendo da una remota antropologia del sacro, offre un’indicazione preziosa al lettore: non ci si può accostare all’opera con tocchi fugaci e superficiali, che non ne colgano, con rispetto e venerazione, l’insondabile profondità, simbolica e rivelativa”.
Il recital di Roberto Benigni al Festival di Sanremo ha riacceso l’interesse nei confronti di questo libro.
“La scelta del tema della Settimana Biblica può essere una conseguenza dell’attenzione suscitata dall’interpretazione del Premio Oscar, per aiutare le persone e le comunità cristiane ad appropriarsi di una chiave interpretativa e di senso rispondente a quella originale del testo, nato in ambito ebraico e da sempre ‘cresciuto’ all’interno dell’esegetica cristiana”.
Favorire un primo incontro con la pagina biblica: ha ancora senso, oggi?
“Il testo biblico attira sempre l’attenzione delle persone, in questo periodo forse ancora di più. Forse siamo più disponibili a metterci in ascolto di parole piene di sapienza, capaci di parlare in profondità alla vita dell’uomo contemporaneo”.
È una poesia d’amore, i cui contenuti si possono rileggere alla luce dell’alleanza sponsale tra Jhwh e il suo popolo, Israele.
“Il mistero dell’unione in quanto amore umano è già alleanza, compimento del desiderio e ritorno all’origine, da cui scaturisce la fiamma di Jah.
Sarebbe stato interessante ascoltare l’interpretazione ebraica – nel cui contesto è nato – del Cantico, un ‘vuoto’ che potremo colmare anche in seguito, durante l’anno pastorale, per continuare l’approfondimento e la riflessione”.