Dolce e aspro. Commovente e drammatico. Sorprendente e sconcertante. Meraviglioso e provocante. Anzi scandaloso. Il mistero del Natale scorre tra questi poli tanto distanti eppure indissolubilmente congiunti. Lo stupore dell’evento è proprio qui: ad essere proclamato Salvatore, Messia e Signore è un povero bambino, avvolto in fasce e adagiato in una mangiatoia, “perché per loro non c’era posto nell’alloggio”.
Se si spezza questo filo indistruttibile fra il Bambino e il Signore, fra la povertà e la gloria, il Natale smarrisce il suo significato, e tutto il suo messaggio inevitabilmente sbiadisce. Il Bambino rischierebbe di passare per uno dei tantissimi poveri della storia. E il Signore finirebbe per somigliare ad uno dei mitici potenti apparsi sulla faccia della terra. La povertà del Piccolo verrebbe presa al massimo per un atteggiamento virtuoso. E la gloria dell’Altissimo per una celebrità mondana.
La meraviglia del Natale, per essere compresa, esige un capovolgimento mentale. Richiede rovesciamento di postura e ribaltamento di sguardo. In una parola domanda conversione. Per non cedere alla tentazione di nascondere la povertà del Bambino e legare la gloria di Dio alle forme più seducenti della potenza umana e della popolarità, riservata a divi, stars, e v.i.p.
Il Natale è bella, buona, lieta notizia non soltanto perché Dio per salvare l’umanità si è fatto uomo. Ma perché il Figlio di Dio, per farsi uomo, ha scelto la ‘forma’ di Gesù di Nazareth. Dio non preferisce rivelarsi nella figura di un sovrano potente e importante come l’imperatore romano. Questa sarebbe stata una scontata ovvietà per il buon senso comune, non una stupefacente novità. Mentre Gesù entra nella storia come un bambino qualsiasi, nasce da una madre qualsiasi, in una qualsiasi location, buona appena per i cuccioli di animali domestici.
Venuto fra noi in forma di uomo povero, il Figlio di Dio vuole che si continui a cercarlo tra i poveri. È un povero che ha fame e sete. Un ammalato che attende una visita. Un perseguitato che ha bisogno di solidarietà.
Da quando il Figlio di Dio si è fatto uomo, non è più possibile altra ricerca di Dio. Perché Dio non solo si è fatto uomo. Ma è rimasto uomo tra gli uomini. Povero tra i poveri. Profugo tra i profughi. Senza tetto tra i senza tetto. Disoccupato tra i disoccupati. Emarginato tra gli emarginati. Bambino tra i bambini…
E così tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Perché sia Natale ogni giorno. Non solo il 25 dicembre.
Buon Natale!
Francesco Lambiasi