Nella chiesa di Santa Maria in Reclauso riposa il corpo incorrotto, ove occorre tutto l’anno una moltitudine di fedeli attratta dalla sua fama di santità viva. Scrive mons. Neri: “I suoi interlocutori furono la povera e grande gente del Montefeltro che da lui venne rigorosamente educata alla verità della fede, della speranza, della carità e che ebbe in lui un grande facitore di bene che sapeva condividere fino in fondo i bisogni spirituali e materiali di modo che, in lui, la dottrina diventava vita per tutti coloro che lo incontravano e la sua vita rendeva credibile la dottrina”
Dall’antico canto dei pastori “padre nostro che sei nei cieli guarda il tuo gregge che resti intero e tuo. Sia salva la tua proprietà, come in cielo così in terra. Dacci oggi i pascoli di domani, riporta la smarrita e noi te l’offriremo e non permettere gli agguati ma salvaci dai lupi e così sia”: è una preghiera possente quella che sale al cielo dalla vita del Beato Domenico Spadafora di cui è cominciata la causa di canonizzazione. Nei primi secoli dell’anno mille la Valle del Conca ha sentito a lungo risuonare il Cantico dei pastori poiché i boschi e i pascoli erano le fonti principali di sopravvivenza per gli abitanti che si erano insediati lungo le rive del fiume Conca, dagli antichi chiamato Crustumius che forniva anche acqua e pesce. Dalla costa romagnola erano risaliti lungo il fiume gruppi di persone che a mano a mano si erano insediati in aree confacenti alle loro necessità. Anche Domenico Spadafora, fraticello domenicano, proveniente da Randazzo in Sicilia, dopo aver lasciato una promettente carriera accademica, dalla foce di Cattolica aveva risalito il Conca ed era rimasto incantato giungendo a Monte Cerignone. Il luogo era abitato già da epoca romana, come testimoniano antichi reperti, e le case si stendevano lungo i tornanti che salivano verso il Monte Faggiola permettendo così di giungere all’attuale Macerata Feltria, anticamente Pitinum Pisaurense, muncipio romano di notevole importanza. L’illustre di nobile casato, accompagnato da altri confratelli domenicani, fra i quali Fra Tommaso da San Marino, era rimasto incantato dal versante opposto al passo della Faggiola ed era salito vero la valle Magnone, dove poco distante dal suo centro, aveva fondato il “Conventino”.
Nel Vangelo si legge che Gesù dice “Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo, andrò in cerca della pecora smarrita, fascerò la pecora ferita e curerò la malata”.
Così, insieme ad altri confratelli, Domenico Spadafora dimenticò i re della terra e si mise a servire il povero e l’umile.
Egli infatti, fece sue le chiare e semplici parole del Signore: l’attenzione al prossimo è condizione indispensabile per entrare nel regno di Dio.
L’attenzione è condivisione, è dare qualcosa di noi stessi agli altri, soprattutto ai poveri e ai sofferenti. Dare un pò del nostro tempo, della nostra intelligenza a chi ha bisogno e Domenico Spadafora così fece solcando la valle del Conca per dare parole di pace e di amore.
Parole che non si sono perse nel vento ma il cui suono è giunto fino a noi insieme alla scia di bontà che il Beato fece e che tuttora fa, con i suoi interventi presso Dio per chi si rivolge a lui.
Ora nella chiesa di Santa Maria in Reclauso si può ammirare il suo corpo che, per grazia divina, non si è decomposto e che tanto bene irradia ai fedeli che lo venerano. Le cronache dell’epoca raccontano che Fra Tommaso da San Marino quando, insieme ad altri confratelli si accinse ad aprire la cassa dove era custodito il corpo di Domenico Spadafora, fu inondato da un profumo intenso mentre alla vista del corpo integro del Beato caddero tutti in profonda preghiera. Preghiera che da allora è giunta fino a noi e sta facendo salire il frate domenicano al più alto grado degli onori degli altari.
Il 2006 è stato l’anno che ha visto l’ufficializzazione della causa e il 10 settembre, festa della sua ascesa al cielo, è stata data comunicazione al pubblico dell’evento.
In tale occasione sono giunti, nella valle del Conca, autorità civili e religiose da Randazzo, luogo d’origine del casato dei Spadafora, ora gemellato con monte Cerignone che, insieme ad autorità locali e non, hanno udito dalla voce del Vescovo San Marino-Montefeltro, mons. Luigi Negri, la notizia che anche per il Beato Domenico è cominciato il viaggio verso la strada della santità.
La devozione che da secoli le popolazioni della zona hanno per l’umile fraticello è l’attestazione della sua santità di vita, congiuntamente ai prodigi compiuti, che ora attende la conferma ufficiale.
Il popolo della valle del Conca, del Foglia, del Marecchia, di San Marino, della costa romagnola e pesarese conosce i frutti che una visita al Santuario del Beato Domenico reca agli animi sofferenti.
In un’epoca in cui sono stati messi in un angolo i valori fondanti del bene, l’esempio di vita vissuta in odore di santità è una panacea per chi non ha più fiducia. Nel contesto umano ci sono realtà assai importanti, difficili da definire e l’esempio di Gesù, imitato nella vita di Spadafora, è un faro per gli uomini che nel mare dell’indifferenza hanno perso la rotta della vita.
Attualmente sono al vaglio della commissione competente i positivi effetti dei prodigi attuati per intercessione del frate, raccolti negli anni passati dai religiosi che hanno vissuto al Santuario di Monte Cerignone.
Maria Concetta Selva