Se c’è un aspetto positivo nella crisi che ci attanaglia da cinque lunghi anni, questo è il cambio di mentalità e prospettiva verso cui le difficoltà economiche ci dirottano. Cambiano gli scenari e si evolve di conseguenza anche l’offerta di determinati prodotti e servizi. Chi vuole sopravvivere cerca di guardare avanti abbandonando, in molti casi, i vecchi schemi del passato.
L’edilizia è un chiaro esempio di come un sistema cementificatosi dagli anni del boom del Dopoguerra ad oggi, sia sprofondato. “Se prima – osserva il presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Rimini, Marco Manfroni – il mattone veniva sostenuto quasi in maniera esagerata dalle banche e ogni persona poteva permettersi di comprare, oggi questo modo di fare edilizia è finito”.
Calano in maniera vertiginosa i prestiti, sempre meno famiglie possono acquistare e sempre più appartamenti restano fermi e vuoti. Di conseguenza, si costruisce di meno, i cantieri nuovi non partono e molti di quelli già avviati restano al palo.
I dati. Come spiega il presidente di Ance Rimini, Ulisse Pesaresi, il secondo semestre 2012 ha visto un calo degli appalti privati per il 91% dei costruttori riminesi, degli appalti pubblici per l’86% e dei lavori in proprio per il 78%. I dati della Cassa Mutua Edile di Rimini registrano un calo, dal 2008 al 2012, di 179 aziende (da 788 a 609, -23%). Gli operai attivi passano da 4.572 a 3.578 e l’occupazione è prevista ancora in diminuzione per il primo semestre 2013.
Non va meglio per gli appalti pubblici: appena 122 le gare aggiudicate in provincia nel 2012 per un importo complessivo di 38 milioni di euro. Su queste, solo 39 (per un valore di 11 milioni) riguardano opere edili. “Siamo al sesto anno di crisi – commenta Pesaresi – e ormai il rischio di deindustrializzazione, con conseguente chiusura della maggior parte delle imprese, non è più solo un’ipotesi. Sta diventando realtà”.
Quali sono le nuove strade da percorrere? Cosa costringe a costruire di nuovo, questa drammatica crisi? Più che “costruire”, sarebbe meglio dire “riqualificare”: le amministrazioni pubbliche, Provincia e Comune di Rimini in primis, frenano su un’ulteriore colata di cemento. “È finito il mondo del consumo del territorio legato al mattone – ripete da tempo il sindaco Andrea Gnassi – il punto non è bloccare o ingessare ma capire che il mondo è cambiato ed è necessario riqualificare e riusare piuttosto che accumulare espansione”. Sono oltre 300mila i metri quadri in meno di consumo del territorio previsti dalla variante al PRG comunale, approvato pochi mesi fa in consiglio, cui si aggiungono 125mila mq di piani particolareggiati già sospesi e bloccati.
Anche il presidente della Provincia, Stefano Vitali, si è più volte espresso duramente contro la speculazione del mattone. “La sfida più grande è quella di passare da una cultura di sfruttamento del territorio a una di rispetto dello stesso – è il monito di Vitali -. Sviluppo e ambiente devono essere elementi equipollenti e non in competizione”.
E le categorie? Anche loro sembrano essersi rese conto che l’unica via d’uscita, oggi, non è tanto la conquista di nuovi permessi per costruire, ma la riqualifica dell’esistente dal punto di vista non solo estetico, ma energetico e antisismico. Il presidente dell’Ordine degli Architetti della provincia di Rimini, Roberto Ricci è chiaro: “Fino a due anni fa alcuni degli attori coinvolti nei processi dell’edilizia erano più focalizzati sullo sviluppo su nuove aree. Più passa il tempo e più, anche tra questi soggetti, è la ’rigenerazione urbana’ ad essere considerata l’unica possibile ancora di salvezza in questo stato di crisi”. Fu lo stesso architetto Ricci a coniare questo termine in occasione degli Stati Generali dell’edilizia convocati due anni fa per trovare gli sbocchi di ripresa e sensibilizzare le pubbliche amministrazioni.
In questi due anni il trend è ulteriormente peggiorato. Solo il recupero (in particolare quello abitativo) sembra essere l’unico comparto a mostrare una tenuta. A livello nazionale segna un +0,8% nel 2012 e un +3% nel 2013 su base annua per un aumento complessivo, nei sei ultimi anni, del 13% grazie all’effetto di stimolo degli incentivi fiscali. Lo stesso Governo Letta nel porre in cima all’agenda economica il rilancio dell’edilizia, ha prorogato le agevolazioni per le ristrutturazioni edilizie e gli ecobonus per il risparmio energetico, fino al 31 dicembre 2013.
Parallelamente, la “rigenerazione urbana” è diventata un concetto molto più diffuso e “di moda”. Lo stesso numero uno dei costruttori riminesi, Pesaresi, lo ha citato più volte come misura anticrisi. “Siamo favorevoli allo sviluppo sostenibile e rispettoso dell’ambiente e vogliamo essere protagonisti nella rigenerazione” ha detto Pesaresi che si è espresso positivamente sul Masterplan del Comune di Rimini chiedendo che “al più presto possa essere attuabile” e auspicando un “focus sulla rigenerazione”, su iniziativa dello stesso Comune.
Ma nella pratica, cosa resta da fare? Rimini ha una sufficiente cultura del recupero? Tecnici e costruttori sono all’altezza della sfida?
“Non c’è una sufficiente cultura della rigenerazione urbana in questo territorio – lamenta l’Ing. Manfroni – il concetto viene declinato in maniera sbagliata: rigenerazione non è sinonimo di demolizione e ricostruzione di un singolo edificio: è una sfida che deve avvenire a livello di interi quartieri e città. A Rimini in passato è stata fatta la scelta di lasciare le briglie sciolte a chi voleva costruire, così abbiamo una bruttezza indescrivibile. Oggi bisogna liberare spazio a terra e costruire edifici più alti. A Bologna tutte le volte che fanno un intervento in altezza finiscono sulle riviste di architettura. Bisogna creare zone con edifici più sicuri sismicamente, a basso consumo energetico. Certo, i tecnici devono aggiornarsi costantemente. Ma perché la città torni ad abbellirsi occorre che ai privati convenga intervenire e che dalle amministrazioni vengano dati indirizzi precisi. E molti interventi, tra le poche richieste che ci sono, si perdono nella burocrazia…”.
“Gli architetti italiani sono i migliori restauratori del mondo, i soggetti più adeguati per quanto riguarda il recupero del patrimonio immobiliare” difende la categoria il presidente Ricci. Per lui i problemi sono ben altri: “Siamo penalizzati dalla burocrazia, anche le cose più semplici diventano montagne. Segnali dal Governo ne sono arrivati anche in passato – afferma in riferimento agli incentivi – ma poi tutto passa alla Regione e ai Comuni e le cose si complicano a dismisura”.
Una strada fruttuosa che potrebbe far uscire molte imprese dalla crisi e salvare centinaia di posti di lavoro, è l’antisismica. “Insieme all’Ordine degli Ingegneri abbiamo cercato di sensibilizzare la Provincia a promuovere una campagna ad hoc – prosegue Ricci –. L’obiettivo è di attivare sopralluoghi degli edifici a prezzi convenientissimi. Non riusciamo a capire perché la politica non voglia partire. Sto portando la questione al Tavolo anticrisi del Prefetto. Vedremo…”.
Alessandra Leardini