Oltre 300mila. È quanto hanno versato nel 2010 Diocesi di Rimini e Istituto Diocesano sostentamento clero alla voce “Imposta Comunale sugli Immobili”, in 26 Comuni della Provincia. Solo le parrocchie hanno pagato 53.680 euro: e se all’elenco ne mancano 15, è semplicemente perché provvedono da sole alla dichiarazione Ici.
E quando il seminario diocesano “don Oreste Benzi” esercita diritto di proprietà sull’immobile che ospita Pacha Mama e altre attività commerciali in via IV Novembre, a Rimini (cioè fa un’attività commerciale e non di rilevanza sociale), anche lui versa all’erario: 32.240. Nero su bianco, tutto alla luce del sole. Ma non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere, che diventa il fratello del sordo che non vuol ascoltare. E così basta lanciare una menzogna e farla rimbalzare con ogni mezzo nella convinzione che diventi verità. Ma una menzogna resta tale.
Il teorema è sempre lo stesso: la Chiesa Cattolica non paga l’Ici. A forza di ripeterlo, per i fustigatori (il Gran Maestro della potente obbedienza massonica del Grande Oriente d’Italia e i militanti del Partito radicale) quel teorema dovrebbe autodimostrarsi.
Le cose però non stanno così. Nessuna legge stabilisce un’esenzione Ici per la Chiesa Cattolica. Le attività commerciali svolte da enti e realtà riconducibili alla Chiesa sono tenute a pagare l’Ici sugli immobili che le ospitano e tutte le altre imposte previste, esattamente come ogni realtà commerciale. Gli immobili di proprietà di enti religiosi dati in affitto sono assoggettati all’Ici e alle altre forme di tassazione, come qualunque altro immobile in affitto.
Questo sancisce la norma. E se qualcuno cercasse di non pagare il dovuto su un’attività a fini di lucro riconducibili alla Chiesa, violerebbe la legge e meriterebbe di essere sanzionato, ha ribadito di recente il cardinal Angelo Bagnasco. Ma anche in quel caso, le parole del presidente della Conferenza Episcopale Italiana sono state rigirate come una frittata e sono diventate “un’apertura”. All’Ici, al premier Monti e alla sua futura Imu.
La Chiesa Cattolica non vive di agevolazioni o esenzioni, a Rimini paga per gli immobili di sua proprietà che danno reddito, a cominciare dagli appartamenti di una parrocchia per finire al Palazzo Macanno, quello che nella omonima via ospita l’Agenzia delle Entrate. In questo caso, “Diocesi di Rimini e Istituto per il sostentamento per il clero nel 2010 han versato 10mila euro a testa” assicura il direttore dell’Istituto Maurizio Casadei sventolando il relativo F24. Gli fa eco don Dino Paesani, parroco del Centro Storico di Rimini. “Paghiamo tutte le tasse, altro che esenzione! Con la differenza che non possiamo neppure recuperare l’Iva al 21%, come invece fanno le aziende”. In totale, tra Ici e tassa di scopo il Centro Storico versa qust’anno 7.745 euro. “E la Chiesa di Sant’Agostino, un patrimonio storico-artistico per tutta la città, l’abbiamo restaurata pezzo per pezzo, quasi 800mila euro negli ultimi anni, contando solo sulle forze della parrocchia”. In totale oltre 300mila euro solo Diocesi e Istituto Diocesano sostentamento clero (148.767 la sua quota). Altro che evasore fiscale! Altro che “Mille immobili della Chiesa riminese nel mirino Ici” come ha titolato in maniera roboante un quotidiano locale.
Gli evasori in riviera ci sono (“spariscono” 4 milioni di euro solo a Rimini, secondo l’Agenzia delle Entrate), ma forse vanno stanati da altre parti. “L’ammontare dell’Ici per l’ente Diocesi di Rimini nel 2010 è stato di 95.897 euro – fa sapere l’economo diocesano don Danilo Manduchi – regolarmente versati all’erario. L’esenzione vale per determinati immobili in cui si esercita una funzione di tipo sociale, che è un aiuto anche allo Stato. E questo non vale solo per la Chiesa Cattolica ma per tutte le associazioni laiche non profit”. Ma c’è chi vorrebbe tassare anche la solidarietà. E lo pretende proprio nel momento in cui la crisi fa più male.
Paolo Guiducci