Ce lo stiamo ripetendo ormai da anni. La natura ci restituisce nel tempo tutto il male che le abbiamo fatto e che continuiamo a farle. I metereologi lo confermano: l’inquinamento, in particolare la combustione di carbone, gas e petrolio, sta generando condizioni climatiche inattese.
Qualche anno fa si pensava che il riscaldamento globale fosse solo l’aumento di temperature, la fusione dei ghiacci e l’innalzamento del livello dei mari sul lungo periodo. Oggi sappiamo che la questione è molto più complessa, rischiosa, e più vicina a noi. Che siano alluvioni o siccità, quelli che gli esperti chiamano eventi estremi si stanno intensificando ovunque e in modo irregolare e mettono a repentaglio la vita di intere comunità, procurano danni economici a persone e sistemi produttivi, e purtroppo anche morti e feriti. È quel che è accaduto in Abruzzo, dove una violentissima nevicata unita al terremoto – ha procurato le distruzioni, i disagi e le lacrime di questi ultimi giorni. Nell’omelia dei funerali di Amatrice l’amico vescovo di Rieti Domenico Pompili disse: “il terremoto non uccide, ma uccidono le opere dell’uomo”. Forse ciascuno di noi, in questo tempo di dolore, ha riflettuto e fatto un esame di coscienza. Nel proprio ambito, ma avendo presente la portata globale del compito che ogni persona ha nella costruzione anche del futuro della comunità umana. Perché, non c’è dubbio, possiamo ancora fare i furbi, costruire senza regole, inquinare anche il nostro giardino, ma tutto questo lo pagheremo, noi e soprattutto i nostri figli. Anzi lo paghiamo già. Occorre ricostruire una vera alleanza tra il pianeta e l’umanità: occorre un cambiamento degli stili di vita personali, ma anche un’incisiva azione collettiva, e una vigilanza costante da parte di tutti e di ciascuno, iniziando da chi ha la responsabilità della cosa pubblica e con le sue scelte determina parte del futuro. Perché poi tutti i problemi sono fra loro molto più legati di quanto si pensi. Dal 2008 al 2014 – si legge in un rapporto Caritas – oltre 157 milioni di persone sono state costrette nel mondo a spostarsi per eventi meteorologici estremi.
Tra le cause che costringono famiglie e comunità ad abbandonare le proprie abitazioni, soprattutto siccità, tempeste e alluvioni. Checché ne dica Trump, occorre anche accelerare il percorso di realizzazione degli impegni assunti nella conferenza sul clima di Parigi, del 2015. Diversi i livelli di intervento, da quello personale (e qui un bell’esame di coscienza tocca a tutti) a quello di politiche del territorio, dai problemi delle emergenze a quelli delle grandi scelte mondiali. Non c’è dubbio: la prevenzione delle catastrofi ha tanti volti. Compreso quello di ciascuno di noi.
di Giovanni Tonelli