Non immaginavo che “La creatività dei nonni”, la mostra situata nel Palazzo dell’Arengo, sarebbe stata bellissima, il che ancora non basta e bisognerebbe aggiungervi un’altra ricca serie di aggettivi come: intelligente, vivace, ben modulata, divertente, importante… L’unico sbaglio per me è stato quello di non esserci andata prima, a vederla, che in tal caso all’Arengo ci sarei tornata almeno un’ora al giorno per tutta la sua durata per così gustarmela con calma, un oggetto dopo l’altro guardandomeli adagio, scoprendo il perché e il per come delle immagini, della loro ideazione, e poi della loro creazione. E poi, uno dopo l’altro, avrei contattato e conosciuto i loro creatori, cioè i nonni che, in quella mostra, insegnano non solo ai riminesi, non solo a tutta la città, ma uno ad uno anche ai nipotini, loro e degli altri, che cosa può significare oggi, essere nonni.
E mi viene subito in mente Pascoli, quando dice che il vero poeta non è un uomo importante, uno studioso che ha tanto imparato e tanto vissuto. Per Pascoli il vero poeta è un “fanciullino”, e fanciullino può essere anche vecchio che però continua a rimanere giovane, curioso, ricco di idee e novità, fanciullo nell’anima e nel cuore, capace di ridere o piangere per poco, di vedere per primo aprirsi in cielo l’arcobaleno, di godere quando nel buio della notte s’accorge che cade una stella.
Ed è così che basta osservare le creazioni dei nonni dell’Associazione per capire che sono tutti veri poeti. Per citarne solo alcuni basta guardarne gli aquiloni. Anche qui vien subito da pensare a “L’Aquilone” pascoliano… “Un’aria d’altro luogo e d’altro mese… un’aria celestina/che regga molte bianche ali sospese… Ed ecco ondeggia, pencola, urla, sbalza,/ risale, prende il vento ; ecco pian piano/tra un lungo dei fanciulli urlo s’innalza/ s’innalza, e ruba il filo dalla mano/come un fiore che fugge dallo stelo”. Pascoli rende poetico l’aquilone con la parola, i nonni dell’Associazione non solo con l’idea, il pensiero, ma con le loro mani e con la loro creatività. Uno di loro, ad esempio, fingendosi ingegnere, crea due bei treni che girano veloci tra stazioni e gallerie, possono fermarsi ma non si urtano mai, mentre la gente osserva dai paesini intorno. Le donne, invece, mettono in mostra le splendide vesti malatestiane, pronte da indossarsi davvero, una volta dalla fortunata Isotta, un’altra dalla Francesca innamorata di Paolo anziché di Gianciotto.
Poi s’incontrano le tante quantità delle Barbie. Appaiono tutte più vere, umane, perché rinnovate, trasformate a piacere dal gruppo di alcune signore dell’Associazione: grazie a loro si mostrano più simpatiche, divertenti. A fianco delle donne ci sono nonni diventati ora scultori, architetti, che copiano e ricopiano rinnovando poeticamente la Città.
C’è pure chi crea quel che gli piace, ad esempio uno strano carrettino ed un triciclo tutti e due adatti al nipotino, ma fatti con certe particolari erbe che trova lui nei nostri corsi d’acqua, erbe speciali che solo l’artista sa dove cogliere. Tra i tanti altri “poeti”, Mario Pecci tiene sempre in mano il biglietto di visita che ha come logo “L’attaccapanni. L’Arte in un arnese”. Né basta che sui legni che, come dice lui, trova lungo i nostri fiumi, scolpisce poesie, sue o di altri poeti, anche una di Pascoli che è “La piada”. Né basta ancora perché le poesie, quelle che vuole lui, le può recitare tutte a memoria con tono voce ritmo come vuol lui secondo i momenti. Lo scommetto: non c’è nipote oggi che recita a memoria, e nessunissimo così.
Sarebbe proprio valsa la pena entrare in quel salone almeno un’ora al giorno per tutto il tempo della mostra! Complimenti a questi nonni che hanno arte e poesia nelle loro vene. E complimenti al Coordinatore della mostra e dell’Associazione Augusto Olivieri, e al suo primo collaboratore Lorenzo Fabbri, a sua volta inventore di un’altra Associazione, “I Radecc”.
Grazia Bravetti Magnoni