Per qualcuno dovrebbe chiamarsi solamente “da Lisbona”, per altri invece l’appellativo migliore sarebbe “da Padova”. Che c’entra allora Rimini con Antonio, uno dei santi più famosi del mondo per la prodigalità delle grazie concesse a chi con fede lo invoca quale potente mediatore presso Dio?
In realtà, sant’Antonio a Rimini non solo è transitato attorno al 1222 lasciando un’impronta notevole, ma qui compì alcuni miracoli famosi: la predica ai pesci e la genuflessione della mula davanti al Santissimo Sacramento. “L’arte pittorica e architettonica (come la cappella in piazza tre Martiri, ndr), nonché la fervida devozione popolare – scrivono Stefano De Carolis, Learco Guerra e Rosanna Menghi – han mantenuto viva la memoria di questi fatti manifestando in molteplici espressioni il legame fra il Santo e la città che lo ha annoverato fra i suoi protettori.”
Un ottimo esempio del rapporto che lega il “santo dei miracoli” a Rimini è contenuto nella mostra “Sant’Antonio da Rimino detto: fede, miracoli e devozione”, allestita presso la parrocchia di Cristo Re, a Rimini, in occasione della festa parrocchiale (24-26 settembre). La mostra (inaugurata venerdì alle ore 21) è accompagnata dal libro omonimo (estrapolato da uno scritto dello storico riminese Cesare Clementini), edito da Guaraldi. La mostra è molto fotografica: su pannelli si possono ammirare dipinti che vanno dal Guercino a Capizucchi a Funi, santini rarissimi in pratica mai usciti dalla Biblioteca Gambalunghiana, foto d’epoca di edifici dedicati al santo come l’oratorio sul porto. In particolare, la foto della cella dedicata a sant’Antonio che si trovava nel Tempio Malatestiano e un particolare del dipinto che si trovava sulla parete esterna della cella stessa.
Stefano De Carolis, Learco Guerra e Rosanna Menghi sono i curatori dell’esposizione, un trio – diverso per formazione – che da anni lavora in accordo per realizzare mostre e volumi molto interessanti, dalle chiese riminesi perdute alle Madonne miracolose.
La scelta è caduta quest’anno sul “martello degli eretici”, com’è stato definito per la grande energia profusa nel contrastare le eresie. Il Clementini lo vorrebbe legato alla città anche nei titoli che lo accompagnano, come scrive nel suo Raccolto istorico della fondazione di Rimino e dell’origine e vite d’ Malatesti (1617).
Delle prediche pronunziate da Antonio in città non è rimasta alcuna traccia scritta. Con ogni probabilità però “furono rivolte in particolare ai tanti eretici che la abitavano” ipotizza Rosanna Menghi. Anche sui miracoli precedenti alla morte, non vi sono certezze: “di alcuni non è certa la datazione e non è sicuro il luogo in cui sono avvenuti” prosegue la Menghi. Rimini si accredita il miracolo della mula, mentre altre narrazioni lo vogliono avvenuto a Tolosa: eppure in quella città “non esistono a tutt’oggi monumenti che lo ricordano né chiese dedicate al Santo” rilancia la Menghi.
Il capitolo 40 dei Fioretti parla chiaro. Sant’Antonio entrato in città aveva tentato di parlare agli eretici ma senza ottenere risultati. A quel punto, “per divina ispirazione” se ne andò alla riva del fiume e del mare e cominciò a parlare ai pesci. “Udite la parola di Dio voi, dappoi che gl’infedeli eretici lo schifano d’udire.” Per tutta risposta, pesci grandi e piccoli si affollarono a riva e in fila per dimensioni. Cominciò così “ad accorere il popolo della città, tra i quali gli eretici, i quali vedendo il miracolo, compunti ne’ loro cuori, tutti si gittarono a’ piedi di Santo Antonio.”
Un secondo miracolo è raccontato negli Acta Sanctorum ed è ricordato nella targa affissa nel lato ovest di piazza Tre Martiri. Riguarda la sfida tra Antonio e l’eretico Bonvillo: la mula tenuta a dieta per tre giorni invece di dirigersi verso un paniere zeppo di cibo, si inginocchia dinanzi ad Antonio che regge davanti a sé una particolare prelevata nel tabernacolo della vicina chiesa di Santa Innocenza.
Ma c’è anche un terzo miracolo, meno conosciuto ma non per questo meno significativo. Un gruppo di eretici ne ha abbastanza di Sant’Antonio e tenta di ucciderlo, avvelenandolo ad un pranzo (o ad una cena). Ispirato da Dio, Antonio si accorge dell’inganno e, dopo aver pregato, mangia ugualmente la pietanza rimanendo vivo, dimostrando che a Dio nulla è impossibile. Del miracolo han scritto gli storici Tonini e Clementini ma soprattutto è stato tramandato a voce, a testimonianza di una devozione che resiste all’incedere del tempo.
Paolo Guiducci