Racconta con i suoi libri la storia di Rimini e dintorni dal 1981. Da quarant’anni cioè, e non ha ancora perso il gusto di pubblicare e far sfogliare pagine ai suoi lettori. Storia locale, quella che Panozzo editore regala nei suoi eleganti volumi, ma anche arte, poesia in dialetto e tanta cucina, che ha portato l’editore riminese a spingersi ben oltre i confini dell’Arco d’Augusto per “aggirarsi” sulle tavole di tutta la Romagna.
In realtà, per Panozzo la sfida editoriale è un affare di famiglia.
L’editoria è un affare di famiglia. L’idea di dare vita a una casa editrice è stata di Umberto, padre dell’attuale titolare Massimo.
Professore di lettere, è stato autore rigoroso e appassionato di testi letterari, linguistici e di didattica per Le Monnier, La Nuova Italia, Paravia, D’Anna fino a quando non ha deciso di fondare una piccola casa editrice tutta sua.
Da quell’esperienza – dopo un breve periodo come Panozzo-Pantanelli Massimo ha dato vita, nel 1981, a Panozzo Editore.
La famiglia, nelle sue declinazioni tradizionale e allargata, è sempre stata al centro di questa impresa. Oltre a Massimo, oggi ne fanno parte le figlie Cristina e Francesca, mentre Tommaso è autore di una Guida di Rimini tradotta anche in inglese e un’altra su Fellini.
Del vasto catalogo (oltre 450 titoli) fanno parte soprattutto libri di carta, “con copertine sobrie e font «aggraziati»”, ma da quest’anno ai libri di carta la Panozzo ha iniziato ad affiancare libri digitali.
Massimo Panozzo, com’è nata e perché la casa editrice?
“La casa editrice è nata nell’aprile del 1981 e realizzava un vecchio sogno di mio padre, autore di importanti testi scolastici, e già attuato negli anni ’50 con la fondazione della casa editrice Lexikon di Faenza/Bologna e interrotto quando si era reso conto che non poteva fare contemporaneamente l’insegnante e l’editore; i diritti sui testi scolastici pubblicati vennero allora ceduti alla Le Monnier di Firenze.
Tra la fine del 1979 e l’inizio del 1981 l’attuale casa editrice, che era stata preceduta dalla Panozzo e Pantanelli Editori, con sede a Pesaro, una società costituita con l’industriale pesarese Roberto Pantanelli”.
Qual è la sua connotazione? Quanto è cambiata nel corso degli anni?
“L’idea di mio padre era quella di pubblicare testi divulgativi, di facile lettura, ma rigorosi e interessanti nei contenuti, possibilmente nuovi, nel senso di non essere ripetitivi rispetto a quello che già offriva il mercato; oltre a una sezione di didattica.
Nel corso degli anni, la casa editrice è certamente cambiata, ma senza abbandonare nella sostanza l’originario progetto, anche se tra i circa 500 titoli pubblicati qualche discostamento c’è stato nel bene e nel male”.
Libri d’arte e storia locale: qual è la collana che più sente sua?
“La collana che più sento mia è rappresentata dagli oltre 70 titoli delle Microstorie, principalmente incentrata sulla storia e sulla memoria del territorio riminese, ma non solo”.
La sua è anche una rete capillare di distribuzione. Presuppone anche uno sforzo organizzativo enorme, ma non si può fare altrimenti?
“La distribuzione è un vero problema per un editore e non credo sia possibile bypassarlo. A Rimini posso dire che la nostra distribuzione è abbastanza capillare, interessando tutte le librerie, diverse edicole, qualche pro-loco in provincia, la vecchia bancarella in occasione delle principali manifestazioni locali.
Nel resto d’Italia ci serviamo di distributori regionali, poi c’è internet che ci aiuta, anche se sono ancora convinto che i nostri libri vadano visti per essere acquistati”.
Anni fa era nata anche una rete di editori locali riminesi. È finito tutto nel nulla, una lodevole intenzione e nulla più?
“Circa 25 anni fa, Ghirardelli (Chiamami città), Guaraldi, Luisè e il sottoscritto diedero vita a E.R.A. Editori Riminesi Associati. Insieme organizzammo un convegno su Silone e in quell’occasione ripubblicammo Uscita di sicurezza su licenza Mondadori; poi qualche altro volume per la Cassa di Risparmio. Fu una bella esperienza, ma i piccoli editori ragionano ognuno con la propria testa e sono individualisti…”.
Come la gran parte dei riminesi, peraltro… Il titolo Panozzo Editore che ha venduto di più in assoluto e quello al quale siete maggiormente legati? Viceversa, il flop più cocente?
“Non c’è dubbio, il libro più venduto è Un tuffo nell’azzurro 1, corso di italiano per stranieri. Dal 2002 allo scoppio della pandemia, che ne ha contratto drasticamente le richieste, ne ho vendute quasi 70.000 copie, in due edizioni, in Italia e all’estero. Il corso si compone di due manuali, più due quaderni di esercizi e 4 fascicoli con le soluzioni degli esercizi proposti.
Tutti i volumi mi coinvolgono molto al momento della pubblicazione, forse quello a cui sono più legato è A tavola con i Malatesti di Luisa Bartolotti, con il quale diedi inizio alla collana Microstorie. Stampai la prima edizione (1988) in carta vergata, poi sono venuto a più miti consigli. Quello che forse mi ha impegnato di più è stato il volume La ricostruzione del teatro Amintore Galli (2019), per l’importanza dell’opera e la quantità degli autori coinvolti.
Non ricordo un flop più cocente.
Certamente devo ammettere che il mio magazzino è ricco di volumi invenduti, specie di quelli stampati prima dell’avvento della stampa digitale, quando la tiratura minima era di 1.000 copie”.
Cos’è cambiato con la vendita online e le varie piattaforme?
“Con internet è aumentata la visibilità e la possibilità di arrivare a lettori che prima non avremmo immaginato di raggiungere. Il web ci permettere di arrivare alle nicchie, ricevere ordini di libri pubblicati anche molti anni fa che non avrebbero occasione di essere venduti in libreria o di inviare le nostre pubblicazioni in Australia, in Ecuador o negli Stati Uniti”.
Come vive – o sopravvive – oggi un editore locale?
“Un editore locale oggi sopravvive con la volontà, l’attenzione per quello che pubblica e un occhio al bilancio!”.