I docenti a sostegno dello sciopero degli educatori sociali, essenziali nel lavoro di cura al tempo del covid.
La pandemia colloca al centro della società la fragilità e la cura, come elementi centrali e collettivi.
La scuola secondaria di secondo grado costruisce progetti educativi per decine di studenti diversamente abili, grazie alla capacità degli educatori sociali di accrescere le autonomie e le capacità relazionali degli utenti, all’interno del gruppo classe ed negli spazi dedicati. Ogni mattina, si intrecciano le competenze dei professori di materia, degli insegnanti di sostegno e delle educatrici sociali, dipendenti di differenti cooperative. Da un lato, tutto il mondo della scuola è sotto stress perché giunge ad affrontare le difficoltà del Covid19 fortemente depotenziata da decenni di tagli, dall’altro, gli educatori lamentano di essere trattati da marginali, visto che godono di diritti fortemente inferiori rispetto ai dipendenti statali e ai colleghi tedeschi.
La mattina del 13 novembre, i docenti sono stati chiamati a compiere un’operazione straordinaria per colmare il vuoto determinato dalla protesta degli educatori sociali, assenti per l’adesione massiccia allo sciopero indetto da diversi sindacati di base, in particolare nella provincia di Rimini da Adl Cobas.
Gli studenti diversamente abili hanno una capacità elevata di percepire le emozioni altrui e soffrire dei mutamenti, ovvero sono proprio loro che hanno appreso che l’assenza degli educatori determina un vuoto enorme ed un incremento dell’ansia e dello stress del personale docente.
Nel giorno della loro assenza, si sviluppa la consapevolezza del patrimonio culturale e professionale rappresentato da una rete di educatori, altamente formati per costruire una comunità educante, ove tutti gli studenti siano cittadini evoluti, ovvero capaci di ascoltare chi ha differenti abilità e sviluppare l’empatia verso i soggetti fragili.
I docenti, ampiamente solidali con gli educatori, hanno compiuto uno sforzo lavorativo straordinario ed attraverso queste poche righe si prefiggono una seconda fatica: trasmettere alla cittadinanza e alle istituzioni che gli educatori sociali meritano di essere sostenuti nella vertenza.
Durante il lockdown di marzo/maggio, sui balconi diversi cittadini hanno impregnato le lenzuola con le loro speranze: “andrà tutto bene”. In realtà a settembre, abbiamo messo a fuoco che la realtà non si adeguata alle nostre legittime speranze: gli educatori sociali sono poveri e privi di diritti essenziale, inoltre, la scuola è vittima dell’inerzia del Ministero dell’Istruzione.
I docenti di sostegno si rivolgono alla cittadinanza e agli assessori competenti per auspicare che la pandemia in corso prepari una società nuova, ove gli educatori siano valorizzati, non solo dalla retorica, ma da un riconoscimento economico e contrattuale.
Sono gli educatori sociali, che mettono in campo le loro emozioni e competenze per consentire alla società di valorizzare i cittadini diversamente abili, senza considerarli come “scarti” o “soggetti non funzionali al processo produttivo”.
Sono gli educatori, che si mettono in gioco, accanto ai docenti di sostegno, per garantire agli utenti percorsi di autonomia e di valorizzazione delle differenze.
Siamo noi, docenti di sostegno, che richiediamo di riconoscere la necessaria dignità agli educatori e li sosteniamo, quando, gli scioperanti richiedono l’assunzione diretta dalle scuole e/o dalle istituzioni scolastiche.
Come si intrecciano le nostre professionalità ogni giorno è bene che circolino le idee per costruire una società incentrata sulla cura dei più fragili e della salute per tutti.
I docenti di sostegno