La voce è corsa come un fulmine. Nel tardo pomeriggio del 31 ottobre, lo stesso giorno in cui era scomparsa anche sua madre, è morto don Giorgio Dell’Ospedale, 78 anni, parroco dei Santi Angeli Custodi di Riccione. La notizia è giunta ai parrocchiani, riuniti da ore in preghiera, mentre don Alessio Alasia, parroco di San Martino, per l’occasione nominato amministratore, celebrava la messa prefestiva nella chiesa della Pentecoste.
Il decorso del Covid-19
Risultato positivo al Coronavirus, dopo i primi accertamenti al Ceccarini di Riccione, il sacerdote, il 2 ottobre era stato trasferito nel reparto di Terapia intensiva dell’Infermi di Rimini. I primi giorni la situazione non sembrava destare preoccupazione, tant’è che dal letto d’ospedale rispondeva anche al telefono e ai messaggi ricevuti.
Sembrava prevalere quella forza che emergeva puntualmente quando alla domanda “don come stai?”, lui con entusiasmo e brio rispondeva: “ottimamente”. Sempre positivo, anche se il suo precedente problema polmonare, suggeriva cautela. Forse anche per questo nella prima ondata di pandemia aveva rinunciato a partecipare alla Messa che tutti i sacerdoti di Riccione concelebravano a porte chiuse in diretta streaming, dalla chiesa di Gesù Redentore. Il 6 ottobre è subentrato il primo peggioramento ed è stata necessaria la ventilazione assistita. Sono seguiti minimi segnali di miglioramento, finché si è manifestata un’infezione e alla polmonite virale si è aggiunta quella batterica e infine l’insufficienza renale. Vano il ricorso alla dialisi. Le condizioni di salute, ormai precipitate, non hanno più lasciato margini di speranza ai medici. Tutte le fasi sono state seguite ogni giorno dal breve bollettino medico affidato e diffuso da don Massimiliano Cucchi.
Oltre mezzo secolo a servizio della comunità riccionese
Nato a San Savino di Montecolombo il 15 maggio 1942, don Giorgio era entrato in seminario a Rimini a undici anni, per frequentare la prima media nell’anno scolastico 1953/1954.
C’erano in tutto trenta bambini, ma solo lui diventò prete. La sua prima guida spirituale fu don Oreste Benzi.
Il suo ministero sacerdotale l’ha visto impegnato sempre a Riccione, dov’era approdato l’anno della sua ordinazione sacerdotale, avvenuta il 29 giugno 1967 per imposizione delle mani del vescovo Emilio Biancheri.
Era stato destinato alla chiesa di Gesù Redentore, dove in veste di cappellano affiancava don Alberto Torroni. Erano gli anni del turismo di massa che avevano indotto a celebrare solo in quella chiesa tredici messe domenicali. Nel 1973, diventa parrocco, gli viene affidata la nuova parrocchia dei Santi Angeli Custodi, con decreto ufficiale, istituita il 20 ottobre dello stesso anno. Dal 1990 viene inclusa pure la zona della chiesa di Pentecoste, prima dipendente da San Lorenzo. E da lì il suo ministero è proseguito fino alla fine. In questi 47 anni la parrocchia dei Santi Angeli Custodi è mutata urbanisticamente, trasformandosi da zona con ampi spazi verdi in zona altamente residenziale, con conseguente aumento dei parrocchiani.
Avanti il suo ministero con grande fede e determinazione. Hanno fatto storia le sue omelie che a volte trattavano di temi politici, suscitando accesi dibattiti, che rimbalzavano sui mass media. Era certamente una figura carismatica, che ha travalicato i confini comunali, forte anche del suo pregio, quello di essere capace di aggregare tanto i ragazzi quanto gli adulti e gli anziani, singoli ed intere famiglie. Un dono, come diceva lui stesso: “ che deriva dell’essere veri, se stessi. Non l’ho studiato, ho altri difetti e limiti, ma di questo faccio tesoro, da qui parte il mio essere amico di tante persone! In questo mondo pieno di egoismi serve più umanità”.
Pensiero che ha trovato concretezza in una miriade di attività, a partire da campeggi e gite con centinaia di persone, feste e iniziative solidali che coinvolgevano almeno duecento volontari per volta, sempre con lo sguardo rivolto alla sua Riccione, che tanto amava e che guardava anche attraverso gli occhi della politica, con attenzione alla “res pubblica”. Non è un caso che negli anni Novanta, in un singolare sondaggio svolto dall’associazione Amici di Riccione, fosse finito nella rosa delle tre persone più idonee a candidarsi come sindaco della città.
Le coinvolgenti iniziative
Don Giorgio era il prete dei grandi numeri. Come dimenticare le sue messe della notte di Natale, celebrate al Play Hall (palazzetto dello sport) di Riccione, dove si contavano fino 3.000 persone?
Così pure le celebrazioni eucaristiche per le forze dell’ordine e le gite organizzate con più pullman, come i sei diretti a Roma per il Giubileo, e gli oltre cento ragazzi che portava in vacanza ogni anno, insegnando loro a fare comunità, anche se si alloggiava in un Grand Hotel. Di fronte al dilagare dell’uso dei telefonini che risucchiano i giovanissimi nel vortice dei social, nei giorni di campeggio lui glielo sequestrava per concederlo solo un quarto d’ora, prima di cena, per comunicare con i genitori. Ed erano sempre i giovani a far parte del grande plotone del servizio organizzato in occasione delle feste parrocchiali.
Come non ricordare poi la messa in memoria degli 235 giovani, ragazzi e bambini scomparsi negli ultimi anni a Riccione e dintorni, per malattie, incidenti stradali e altre disgrazie.
Nel suo cuore anche i più piccoli.
Nel 2011 per fargli scoprire la bellezza del Rosario e tenere viva la devozione per Maria, durante il mese di maggio, dedicato alla Madonna, ha consegnato 20mila perline per far confezionare la corona ai suoi piccoli fedeli. Tutte le sere, dopo la messa delle 18,30 a ognuno consegnava tre chicchi da infilare al cordoncino. C’era poi l’attenzione per gli anziani e per i poveri, attraverso la Caritas parrocchiale, e la vicinanza a tutte le famiglie espressa nelle benedizioni delle case che non ha mai tralasciato pur sentendo il peso degli anni. Di certo don Giorgio è stato prete a 360 gradi.
Nives Concolino