Hit Show è un acronimo. Sta per: Hunting, Individual protection, Target sports, che tradotto significa Caccia, Protezione individuale e Sport da tiro. Ma qual è il minimo comune denominatore che raccoglie questi tre concetti? Le armi. Non è sbagliato dire, dunque, che Hit Show, evento che si tiene ormai da quattro anni presso la Fiera di Vicenza, sia una fiera delle armi. Le armi non sono illegali o illegittime a priori, e non si sta certo insinuando che una fiera ad esse dedicate lo sia di conseguenza. Innegabile, però, che le armi rappresentino un argomento delicato, spesso ambiguo. Soprattutto quando si riferisce al concetto di difesa personale, spesso trattato con eccessiva leggerezza nel dibattito pubblico e politico. E, poiché a seguito della fusione che nel 2016 ha riunito i poli fieristici di Vicenza e Rimini sotto l’unico gruppo IEG (Italian Exibition Group), i cui azionisti di maggioranza sono il Comune e la Provincia di Rimini, questo argomento delicato è ora entrato a far parte del nostro mondo, quello di Rimini.
Per questo Giorgio Beretta, sociologo di Opal Brescia (Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere) che lavora anche con la Rete Italiana Disarmo, che racchiude oltre 30 associazioni, è venuto fino a Rimini. Scopo? Incontrare alcune realtà dell’associazionismo riminese, come Papa Giovanni XXIII, Agesci, Caritas, Azione Cattolica, per cercare, tutti insieme, di aprire un dialogo con le istituzioni pubbliche riminesi per capire più chiaramente la natura di questo evento fieristico.
È lo stesso Beretta a spiegare, più nel dettaglio, i motivi che stanno alla base di questa esigenza di dialogo.
Beretta, può spiegarci il perché di questo incontro?
“Per capire al meglio l’iniziativa e i suoi scopi occorre prima partire da lontano. Hit Show è nato nel 2015 con l’allora Fiera di Vicenza, ancora non legata a quella di Rimini, assieme ad ANPAM, l’Associazione Nazionale dei Produttori di Armi e Munizioni, un’associazione che, per intenderci, è la confindustria dei produttori di armi italiani. Di certo non è il primo evento fieristico dedicato alle armi, ma ha delle caratteristiche che lo rendono unico nel suo genere, non da intendersi in senso prettamente positivo”.
In che senso? Quali sono le sue caratteristiche?
“Hit Show è l’unica fiera delle armi, in Europa, a essere aperta al pubblico in generale, e quindi non solo agli operatori di settore (il cosiddetto B2B); dove vengono esposti tutti i tipi di armi: comuni, da difesa personale, per il tiro sportivo, da caccia, per forze di polizia, da collezione, da softair, repliche di armi antiche e addirittura armi militari demilitarizzate. Unico discrimine: non sono esposte le armi specificatamente indicate come da guerra, cioè quelle automatiche vendute esclusivamente agli eserciti”.
Non ci sono dunque, in Europa, altre fiere di questo tipo?
“Ci sono, ma sono caratterizzate in modo diverso. Pensiamo, ad esempio, a una delle più grosse e importanti fiere europee dedicate alle armi: l’IWA di Norimberga, con la quale lo stesso Hit Show intende competere. L’IWA, a differenza dell’evento di Vicenza, è pensata e rivolta esclusivamente agli operatori del settore. In altre parole, in questo evento entra solo personale specificamente accreditato, come rivenditori autorizzati o intermediari. Oppure, in altre parti d’Europa è possibile trovare altri eventi del settore ma, anche qui, esplicitamente riguardanti specifici tipi di armi, come le fiere dedicate alla caccia. Basti pensare agli eventi organizzati a Riva del Garda”.
Perché, quindi, lei con Opal ha iniziato a muoversi nei confronti di Hit Show?
“Hit Show parte da una realtà vicina alla mia. Nasce, infatti, da un evento chiamato EXA che si è tenuto per circa 30 anni a Brescia. Poi, per diversi motivi, EXA si è spostato al polo fieristico di Vicenza, ripartendo da Hunting Show prima e, dal 2015, rinascendo come Hit Show. Seguendo questo evento, e proprio per le caratteristiche già citate, abbiamo deciso di muoverci perché riteniamo che una fiera così strutturata, che espone tutti i tipi di armi con la sola eccezione di quelle in dotazione ai militari a un pubblico il più ampio possibile, compresi i minori accompagnati, non stia svolgendo un’attività rivolta ai soli operatori, ma un vero e proprio percorso di promozione culturale delle armi. Più precisamente: è nostra opinione che Hit Show stia portando avanti un’operazione che definiamo ideologica e culturale, per promuovere la diffusione di armi in Italia”.
Da qui l’esigenza di dialogo. Come l’avete cominciato?
“Per quanto riguarda le prime edizioni di Hit Show, quando ancora era organizzato da Ente Fiera Vicenza, ci siamo rivolti al Comune di Vicenza sollevando questa questione. E abbiamo avuto un po’ di attenzione, anche se non nell’immediato: nella seconda edizione, quella del 2016, l’amministrazione comunale di Vicenza ha emesso una delibera nella quale, in sostanza, dichiarava che si sarebbe impegnata a discutere, con i promotori dell’evento, le questioni da noi sollevate. Inoltre, però, devo aggiungere un altro elemento che caratterizza Hit Show e che a nostro avviso conferma ancora di più ciò che sosteniamo”.
Di che si tratta?
“Durante i giorni di Hit Show, contestualmente all’evento, si tengono incontri e convegni di diverso tipo. Uno su tutti, forse il più emblematico: durante l’ultima edizione, all’ultimo di questi incontri, ha partecipato anche l’attuale Ministro dell’Interno Matteo Salvini che, al termine dell’incontro, ha firmato quello che ha chiamato un ’patto d’onore’ con i produttori di armi lì presenti, con il quale, a detta sua, si impegnava a far sì che le leggi italiane sull’utilizzo delle armi diventino meno restrittive, oltre a garantire che gli stessi produttori vengano coinvolti in eventuali future decisioni riguardanti il mercato italiano delle armi. Ma è solo l’ultimo di diversi episodi che, a nostro avviso, dimostrano che la natura di Hit Show sia diversa dal semplice evento merceologico”.
Può citarne altri?
“Nella prima edizione, all’interno della fiera, si raccolsero firme per promuovere una legge meno restrittiva sulla legittima difesa. Oppure, nella terza edizione si tenne un convegno in cui il parlamentare europeo Stefano Maullu sosteneva che la Direttiva europea che avrebbe dovuto, in sostanza, limitare la diffusione di armi in territorio europeo era da considerarsi troppo limitativa. In questi convegni, dunque, non c’è dibattito pubblico, vengono invitati sempre e solo esponenti di determinate forze politiche: questo non può che rafforzare in noi l’idea che con l’evento Hit Show si stia portando avanti un’operazione non solo culturale e ideologica, ma anche politica”.
Si arriva al 2016, quando le Fiere di Vicenza e Rimini si fondono in un unico gruppo, Italian Exhibition Group, e i vostri nuovi interlocutori diventano, di fatto, il Comune e la Provincia di Rimini. Come procede, ora, il dialogo?
“Dopo la fusione ci siamo organizzati, ovviamente, per presentare le nostre questioni ai nuovi interlocutori. Poiché della Rete Italiana Disarmo fa parte anche Operazione Colomba, il corpo non violento di pace dell’associazione Papa Giovanni XXIII, abbiamo subito stabilito un contatto con loro per incontrarci e cominciare a ragionare per promuovere un’azione insieme. Nel 2018, come associazioni, abbiamo rinnovato la nostra richiesta di dialogo con i promotori di Hit Show ma, purtroppo, ad oggi non abbiamo ancora ricevuto risposta. Noi comunque continuiamo ad andare avanti per sostenere le nostre istanze, ed è per questo che sono tornato a Rimini in questi giorni”.
Cosa chiedete, nello specifico?
“Va chiarito subito che non vogliamo assolutamente farne una questione di bandiera. Siamo contrari alla protesta accesa e fine a se stessa. Chiediamo, sostanzialmente, due cose. La prima è che ci sia maggiore chiarezza sui motivi per cui istituzioni pubbliche continuino ad organizzare un evento dalle caratteristiche, come già detto, perlomeno ambigue. La seconda è, una volta stabilito un contatto, ragionare insieme su possibili modifiche al regolamento che possano rendere l’evento più in linea con quelli europei e con la legge italiana. Una cosa su tutte: vietare l’ingresso ai minori, anche se accompagnati, oltre che impedirgli di maneggiare armi nei locali della fiera, situazione vietata dalla legge ma che, purtroppo, accade durante la manifestazione e per la quale, nel regolamento, non esistono sanzioni.
Occorre porsi alcune domande importanti. È vietata una fiera dedicata alle armi? Certamente no. Ma organizzare un evento con queste caratteristiche, è un atto che rientra nella responsabilità sociale degli enti pubblici? E i cittadini hanno il diritto di avere maggiore chiarezza, proprio da parte della propria amministrazione?”.