Torniamo a parlare di scuola e di bisogni educativi speciali: si può parlare anche nei fatti di “didattica inclusiva” e per tutti?
Sui BES (Bisogni Educativi Speciali, appunto) ci siamo già focalizzati nello scorso numero. Sono quei bisogni, non diagnosi, che comprendono una gamma numerosa e alquanto eterogenea di problematiche di tipo socio-sanitario. Tra questi casi c’è anche la condizione degli studenti con un handicap certificato, che necessitano, come vuole la legge 104/92, di un sostegno. Ad oggi gli alunni disabili compresi in questa categoria sono, dalle materne alle superiori, 1.143 su una popolazione scolastica di circa 46mila studenti. Come riportano le cifre dell’Ufficio Scolastico Territoriale, nelle scuole riminesi dell’infanzia gli alunni con handicap sono 78, nelle primarie 424, nelle secondarie di primo grado 288, nelle secondarie di secondo grado 353. Solo nell’ultimo anno, complessivamente, sono diventati 420 in più.
Numeri e garanzie. Parliamo dunque di una fetta sempre più consistente di ragazzi che, come i non portatori di handicap, devono poter vedere soddisfatto uno dei diritti prioritari come quello all’istruzione. Ma è veramente così? E quanti sono gli insegnanti di sostegno garantiti per questi “bisogni speciali”?
“Per questo anno scolastico 2016-2017, siamo partiti con i 374 docenti in organico di diritto attivi già dall’anno scorso, ai quali si sono aggiunti i 30 docenti dell’organico potenziato. Considerando anche la conferma dei 99 posti in deroga che l’anno scorso erano stati distribuiti in aggiunta ai posti autorizzati in organico di diritto, per andare incontro maggiormente agli studenti, e relative famiglie, siamo potuti partire con 503 posti complessivi per il sostegno” afferma Franca Berardi dell’Ufficio Scolastico Territoriale.
Gli studenti con handicap, però, sono più del doppio e a diverse settimane dall’inizio della scuola, come riferito da fonti interne al settore istruzione, non sarebbero pochi gli alunni ancora scoperti. “La loro copertura può non essere al completo. – spiega Berardi – Qualche problema c’è stato per chi si è iscritto quest’anno o per chi ha cambiato scuola o ordine di grado. In questi casi andava riconfermato il sostegno. Ci sono alunni che non hanno avuto lo stesso insegnante dell’anno scorso o le stesse ore, ad esempio anziché averne coperte 18, ne hanno 10. Ma non si può parlare, ad oggi, di alunni scoperti”. La dottoressa Berardi ricorda che la normativa prevede un insegnante di sostegno per classe, non per alunno.
Il problema è: cosa accade all’alunno nelle ore che restano scoperte?
A colpi di deroga.
Se qualche problema fino ad oggi c’è stato, tutto dovrebbe rientrare nella normalità – spiega ancora la referente per il settore handicap dell’Ufficio Scolastico Territoriale – con la distribuzione degli ultimi posti di sostegno, quelli in deroga appunto, assegnati agli alunni valutando la gravità della diagnosi clinica ed il contesto scolastico, così come previsto dalla sentenza della Corte Costituzionale 80/2010. La valutazione delle esigenze presentate dai vari Dirigenti Scolastici all’Ufficio Territoriale, è stata effettuata a livello regionale da una Commissione tecnica composta da due dirigenti tecnici, un dirigente scolastico, due medici della sanità pubblica e due funzionari dell’Ufficio scolastico regionale per l’Emilia Romagna. Per la provincia di Rimini si parla di altri 84 posti oltre ai 99 dell’anno scorso, per un totale di 183 deroghe. Con queste, il numero complessivo dei posti di sostegno salirà a 587.
Un’emergenza. “Negli ultimi sei anni – afferma il dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale, Giuseppe Pedrielli – a fronte di un incremento degli alunni con disabilità del 26.6% (dai 12.666 del 2011-12 agli attuali 16.039), i posti di sostegno funzionanti sono aumentati del 29.5%, da 6.195 a 8.023. Ma soprattutto si è registrato un incremento dei casi di gravità, dimostrato dall’aumento esponenziale di posti autorizzati in deroga, passati, in questi sei anni, da 303 a 2.182”. Il rapporto tra alunni con handicap e posti di sostegno si mantiene sempre di almeno due alunni per insegnante.
Questi sono i numeri, ma guardando alla “qualità” del sostegno, come vengono selezionati i docenti? “Là dove esistono insegnanti con titoli specifici, questi sono i primi ad essere utilizzati” afferma Pedrielli. Il problema è che gli insegnanti con l’abilitazione in graduatoria non bastano a coprire tutti i posti per il sostegno. E non è detto poi che tutti questi docenti abilitati accettino, molti rinunciano anche in seguito alla possibilità di poter ottenere un posto “migliore”. “Dopo cinque anni tornano nella propria classe di concorso” spiega Franca Berardi. È il caso di Anna – nome di fantasia – che dopo aver seguito alcuni bambini autistici nell’ambito della scuola materna – solo quest’anno aveva iniziato a seguirne due – è stata chiamata in seguito ad un concorso per andare ad insegnare in una primaria.
“Se i docenti con abilitazione non bastano si deve far riferimento ad altre graduatorie – continua Berardi – e nella scelta dei docenti specializzati che servono per coprire tutti i posti di sostegno si valutano i corsi che gli altri insegnanti hanno fatto, i corsi di riconversione e, per ultima, la disponibilità”.
Ricorsi: ultima spiaggia. Se il totale delle ore richieste dagli alunni con handicap è superiore a quelle lavorative degli insegnanti di sostegno, un genitore può appellarsi alla legge 104 e fare ricorso al TAR. Se vince, il tribunale obbliga lo Stato a fornire la copertura totale di ore e a quel punto lo Stato assume un nuovo insegnante in deroga.
Ma come spiega Lucia Biolcati, responsabile del settore scuola per l’Associazione Papa Giovanni XXIII, prima di arrivare al ricorso ci sono altre possibilità. “La prima cosa da fare è verificare come mai non sono state assegnate tutte ore con il dirigente e il referente handicap dell’Istituto, quindi valutare se le ore che erano state stabilite sono veramente necessarie. Il resto delle ore potrebbe essere coperto da un educatore. Dipende dalle situazioni, dalle gravità, da come è stata gestita dall’Ausl la situazione. Un genitore può spaventarsi perché pensa che non ci sia l’approccio giusto”.
Alessandra Leardini