Quel giorno dissi a Marad, il giovane marocchino ospite del centro di accoglienza di San Lorenzo in Correggiano, che l’avrei accompagnato io, in auto, in stazione. Tornava definitivamente a casa. Quando, dopo aver caricato i bagagli, stavo per mettere in moto, mi chiese un momento. Con gli occhi rivolti alla chiesa disse: “Devo ringraziare la Madonna che mi ha sempre accompagnato in questi anni”. Dopo un breve silenzio continuò: “Ora possiamo andare”. Marad era un musulmano credente e molto praticante e come i veri musulmani, checché ne pensino i laici ignoranti, ha grande rispetto per il profeta Gesù, Maria, sua madre vergine, il Natale…
Marad mi aiuta a guardare con occhi diversi i drammi di questi giorni, quelli di Parigi e di Borno, nel nord della Nigeria, di assassini che si chiamano ISIS, Al Qaeda oppure Boko Haram.
Prima affermazione: un vero musulmano osservante non è un terrorista, né un fondamentalista. Nei 15 anni che i musulmani sono stati ospiti della mia parrocchia, se qualche problema l’abbiamo avuto, non è mai stato con i più credenti, ma con quelli senza più religione.
Come ha ricordato più volte Papa Francesco, quella in atto non è una guerra di religioni, ma uno scontro di poteri, in cui la religione è utilizzata come strumento ideologico e la crisi esistenziale di tanti giovani (anche cresciuti nella “modernità laica”), esplosa nella rivolta delle banlieue, si trasforma oggi in una pistola fumante di ideologia fondamentalista.
“Una fede in Dio sincera apre all’altro, – ha detto il Papa – genera dialogo e opera per il bene, mentre la violenza nasce sempre da una mistificazione della religione stessa, assunta a pretesto di progetti ideologici che hanno come unico scopo il dominio dell’uomo sull’uomo”.
Qualsiasi interpretazione fondamentalista ed estremista della religione è da isolare e condannare. Come è da emarginare chi invita allo scontro di religioni, proposta che arriva da territori culturali ben lontani dalla fede cristiana, nuovi crociati che mostrano di credere più alla spada che alla croce.
Per isolare il terrorismo, lo dissero in tanti, inascoltati, già in quel drammatico 11 settembre 2001, occorre dialogo e giustizia. Dialogo è incontro fra identità, ciò che siamo, ciò che crediamo, la nostra storia, la nostra cultura (che non nasce con la Rivoluzione francese!), tutte cose che l’Occidente sembra aver smarrito, nell’inseguimento di una ideologia mortale che risolve i problemi esistenziali dell’uomo col portafogli. Giustizia è guardare al mondo con occhi diversi, per comprendere che queste forme malate di violenza trovano proprio in tante ingiustizie e nello sfruttamento il loro miglior brodo di coltura. Gli ultimi dieci anni l’hanno purtroppo confermato.
Giovanni Tonelli