LA STORIA
Un gruppo di volontari e V., giovane senza tetto dell’Est: “Dalla diffidenza alla voglia di mangiare e giocare con noi”
Un incontro quasi fortuito. Sulla strada. In una fredda notte invernale. Due chiacchiere veloci. Asettiche. E quel segnale inequivocabile di andarsene.
Poi un altro incontro ancora. Questa volta non fortuito. Un sorriso. Una mano allungata. Una coperta calda e qualcosa da mangiare. Ma soprattutto uno sguardo capace di guardare oltre le sue ferite. E quella barriera di diffidenza, piano piano, si abbassa fino quasi a scomparire. Così quelle chiacchiere che all’inizio erano poche e veloci, diventano quattro e poi addirittura otto. Tra lui, V., senza tetto, proveniente dall’Est Europa, con il viso segnato dalla vita, ma ancora abbastanza giovane, e un gruppo di giovani volontari riminesi, nasce un rapporto di fiducia. Con loro si sente al sicuro. Si sente capito. Sì, capito perché a volte, queste persone hanno paura diessere giudicate.
“L’incontro con V. è nato grazie ad alcuni amici – raccontano i ragazzi – che hanno prestato servizio in Caritas all’interno del gruppo Unità di Strada. All’inizio V. era un po’ diffidente perché molto spesso viene trattato non come una persona, ma come se fosse quasi un rifiuto. Ma quella vita non l’ha voluta lui, come non l’hanno voluta tanti senza tetto. Probabilmente ha visto in noi persone che si sono accorte di lui. Che lo hanno visto per quello che in realtà è: un essere umano con le sue fatiche. Ci ha raccontato che è arrivato in Italia dal suo Paese e ha lavorato nel Mezzogiorno e poi in Toscana. Ma le cose non sono andate come sperava e si è ritrovato solo.
Abbandonato. Con una bottiglia come unica amica”.
V., con loro, ritrova il sorriso. La gioia di chiacchierare, scherzare.
“Vivendo sulla strada anche la sua situazione sanitaria non è delle migliori. Lo abbiamo invitato varie volte a farsi una doccia, a indossare panni nuovi. Ma ha sempre detto di no. Quasi avesse paura di una possibile rinascita”.
Poi, però, proprio pochi giorni fa è successa una cosa che ha colpito tutto il gruppo di volontari.
“Ci ha detto che era pronto per farsi una bella doccia. Ma che poi dovevamo riportarlo dove di solito vive. Ci siamo subito organizzati. In parrocchia abbiamo un bagno molto grande.
Lo abbiamo accolto lì. Gli abbiamo anche dato abiti puliti. Quando è uscito sembrava un’altra persona. Era felice. Sorridente. Ci ha chiesto se poteva restare anche a pranzo. Ha mangiato con noi. Ha scherzato.
Ha addirittura giocato a carte e a Trivial. È stata un’esperienza bellissima di cui rendiamo grazie al Signore. Come V. ci sono tante altre persone che aspettano solo un sorriso, una mano che si allunga, un vedere in loro una persona e non qualcuno da giudicare per quella vita ai bordi della strada”.