Tre Premi Oscar (miglior film, migliore attore non protagonista, seconda statuetta per l’attore Mahershala Ali, e migliore sceneggiatura originale) per il film Green Book, diretto da Peter Farrelly, regista che anni fa si dedicava a commedie “scorrette” come Tutti pazzi per Mary assieme al fratello Bobby.
In solitario si porta ora sulle strade d’America con la “strana coppia” Tony Vallelonga (Viggo Mortensen), buttafuori italoamericano disoccupato e Don Shirley (Mahershala Ali), pianista afroamericano di grande talento. Il primo fa da autista al secondo, nel tour dell’artista nel profondo Sud degli States, nel bel mezzo degli anni ’60, quando il colore della pelle era un problema, anche se eri famoso e rispettato per le qualità artistiche. Il Green Book del titolo non è altro che la guida che segnalava i locali dove erano accettati i neri.
Il percorso è lungo e le due personalità contrastanti (Tony tutto modi spicci, pollo fritto e animo irascibile, Don altezzoso, raffinato e solitario) all’inizio distanziate su molti punti di vista, avranno modo di avvicinarsi e rispettarsi, nella più classica tradizione del film on the road animato da due caratteri antitetici. Il film risulta piacevole, veridicità della storia o meno (la famiglia di Shirley, non interpellata dalla produzione, ha contestato la scarsa attinenza ai fatti reali), il pubblico apprezza l’edificante vicenda nel segno di una comprensione reciproca, anche se a tratti emergono soluzioni facili e accomodanti, col finale che ricorda fin troppo la conclusione di Un biglietto in due di John Hughes.
Tra il junk food di Tony e i suggerimenti letterari di Don che aiuta il suo autista a scrivere lettere d’amore adeguate alla consorte che lo attende a casa, Green Book è un itinerario per superare barriere e pregiudizi e ci fa riscoprire la figura del pianista Don Shirley.