In redazione, al telefono, e negli incontri personali, entrava sempre in punta di piedi, con il timore di disturbare, di arrecare fastidio, persino noia. Ma come avrebbe potuto, Grazia, disturbare, lei così modesta, sensibile e generosa?
Grazia Bravetti se n’è andata in una piovosa domenica di settembre, in punta di piedi come ha vissuto per tutta la vita, e con l’ombrello, suo fedele compagno di passeggiate per diversi mesi all’anno.
Ha seguito di pochi mesi il marito Franco Magnoni, con il quale ha diviso una lunga vita, le varie residenze, tante passioni e gli adorati figli.
Silenziosa e a volte persino timida, Grazia è stata un pozzo di conoscenza che ha messo a disposizione di chiunque fosse interessato ad approfondire gli argomenti a lei cari. Ed erano tanti. Laureata in Lettere, allieva di Antonio Piromalli, giornalista pubblicista, ha curato studi su poeti dialettali, soprattutto romagnoli nonché tanti altri libri e saggi di carattere storico e letterario, vincendo anche diversi premi.
Per anni si è dedicata con passione allo studio all’opera del poeta ciabattino Giustiniano Villa, di cui è tra i maggiori conoscitori. Faceva parte della giuria del Premio Giustiniano Villa – Concorso di poesia dialettale e zirudela romagnola di San Clemente e per i suoi studi aveva ricevuto anche la cittadinanza onoraria dell’omonimo comune. La Romagna in osteria e Bacco in Romagna rappresentano gli schizzi di un mondo d’improvviso scomparso. La Campagna appena ieri (con Pietro Barberini) definisce il tramonto della campagna romagnola e della sua gente. La cucina dell’Arzdora. Dal lunedì al sabato e Radici. Vita e mangiari di un tempo nella campagna marchigiana (entrambi editi dal riminese Panozzo Editore) traducevano il rapporto tra cibo e società negli ambienti più contadini, quelli che a Grazia risultava difficile comprendere come fossero scomparsi così all’improvviso. L’intenzione di evitare l’oblio toccò anche i giochi.
Giocare una volta (a quattro mani con Anna Maria Bacchilega, Aiep editore) è una traccia indelebile di ciò che sono stati i modi per essere allegri e sviluppare l’intelligenza quando l’elettronica doveva ancora essere inventata. Una esplorazione riverita dei giochi di una volta che univano alle opportunità offerte dalla natura, la creatività di bambini che si ritagliavano il tempo del divertimento dopo aver svolto lavori, anche pesanti, in campagna. La semplicità dei mezzi e degli oggetti utilizzati, a volte era superata dalla loro completa assenza. Erano sufficienti alcune regole e tanti amici.
Di origine istriana, ha trascorso una vita a Rimini dopo aver risieduto anche a Savignano sul Rubicone, dove il marito Franco Magnoni esercitava come stimato medico. La sua villetta era uno scrigno di carte, libri e foglietti, e di quadri, quelli che negli ultimi anni Franco aveva iniziato a dipingere con buoni risultati.
La sua collaborazione con ilPonte è di lunghissima data. Aveva sempre tante idee, che non sempre riusciva a mettere in fila nei tempi stabiliti. Si scusava, ma le pagine (scritte con la macchina per scrivere ma a volte anche a mano) in cui raccontava i poeti dialettali, anche minori, i fotografi di un’epoca come Mario Zani o le analisi di periodi storici con le storie di personaggi sconosciuti, valevano l’attesa.
Impreziosita da una scrittura certamente d’antan ma gustosa, ricca di vocaboli, di punteggiatura e di periodi da mandare a memoria come fossero manuali di grammatica.
Appassionata di teatro, anche dialettale, seguiva spettacoli, rassegne e teatri ‘minori’. Fino a quando la salute gliel’ha consentito, è stata in platea a verificare lo stato del teatro dialettale, sempre in attesa del guizzo che sapeva esserci e che poteva elevare il dialetto da monotona tradizione a lingua ricca di colori capace di rappresentare ogni suggestione e stato d’animo.
L’arrivo del mese di novembre era l’occasione per provare e riprovare le diverse versioni della “piada dei morti” e per discettare di eventuali primogeniture della ricetta originaria, senza mai peraltro avere la pretesa di una sicurezza assoluta. E intanto una “piada dei morti” ben fatta non mancava mai nella redazione de ilPonte: era la riprova che Grazia era stata in redazione.
Presiedeva dalla nascita il Premio Montanari voluto dalla Compagnia della Speranza e dal Comune di Savignano per i testi di teatro dialettale. L’occasione di leggere decine di testi, arrivati da tutta la regione, era anche quella di brevi ma spassosi viaggi in auto, lungo la via Emilia, alla ricerca di segni del tempo. Quelli di ieri e quelli di oggi che Grazia, con capacità e animo retto, ha sempre indagato curiosa in vita e negli studi.