“La biografia di Renzi lascia aperte speranze per il sociale. Viene dell’associazionismo e conosce questo mondo vitale. Mi auguro che non voglia perdere questa opportunità storica. Stiamo parlando di una platea di almeno 6-7 milioni di cittadini che non aspettano altro che il via per rimboccarsi le maniche e fare il mondo di bene di cui sono capaci”. È questo l’auspicio dell’economista Stefano Zamagni sul nuovo Presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Una speranza, spiega Zamagni, legata al filo delle nomine, ma che nasce anche da una sostanziale bocciatura dei governi Letta e Monti sulle questioni sociali. “Occorrerà attendere i prossimi giorni per vedere Renzi a chi affiderà le varie deleghe – spiega Zamagni -. Tutto passa dalla sensibilità di coloro che dovranno prendere decisioni. Se si mettono persone totalmente insensibili alla tematica del mondo della società civile organizzata è ovvio che non possiamo aspettarci miglioramenti sensibili”.
Letta e Monti bocciati sul sociale. Per l’economista, gli ultimi due anni hanno lasciato il segno. “Non è stato fatto quasi nulla – tuona -. Anzi, meglio dire nulla”. Per Zamagni, il mondo del terzo settore e del welfare ha subito dei “danni piuttosto seri”. Una “palude”, per dirla con Renzi, iniziata dall’uscita di scena del governo Berlusconi. “L’unico provvedimento preso dal governo Monti – aggiunge Zamagni – fu la chiusura dell’agenzia nazionale per il Terzo settore. Questo è il lato tragico della faccenda: non solo non si è fatto nulla, ma si è anche eliminato l’unico ente che stava funzionando”.
Diverse le promesse non mantenute. L’immobilismo di Letta e Monti sul sociale, spiega l’economista, si è dimostrano soprattutto nelle speranze disattese. “In due anni non è stata tramutata in legge ordinaria la legge sul 5 per mille– aggiunge Zamagni -, quindi una prima promessa non mantenuta. Secondo: non è stata attuata la norma sul servizio civile universale, che pure era una promessa. Terzo: non è stata accolta la proposta di modifica avanzata dal deputato Luigi Bobba di estendere l’applicabilità della legge 155 del 2006, cioè quella sull’impresa sociale, attesa da tutti e Dio solo sa quanto bene avrebbe fatto, ma nulla. E potrei continuare”. Tanti gli interventi che, per Zamagni, si sarebbero potuti mettere in campo “a costo nullo per l’erario e che avrebbero potuto dare una boccata d’ossigeno sia al problema occupazionale, creando nuovi posti, sia sul fronte del miglioramento della qualità della vita”. Quindi, peggio di così non può andare. “È evidente – spiega Zamagni – che da adesso in poi la situazione non può che migliorare”.
Le speranze risposte in Renzi. Per Zamagni, le radici culturali di Matteo Renzi dovrebbero essere un bollino di qualità e una garanzia. “Renzi, che è di Firenze, dovrebbe sapere cosa è successo nella sua città all’epoca dell’umanesimo civile – racconta Zamagni -. Il Terzo settore è nato lì, non altrove. Si chiama umanesimo civile perché è lì che sono nate le grandi associazioni che oggi noi chiamiamo terzo settore. Si pensi agli ospedali, le congregazioni, il mecenatismo: non sono nati in Toscana? Se si lasciasse ispirare da quel filone di pensiero, che si chiama economia civile, nel giro non molti mesi l’Italia uscirebbe dalla fase stagna nella quale è caduta e un nuovo ciclo di sviluppo armonioso potrebbe ripartire. Mi auguro che possa recuperare la sua matrice culturale e rilanciare questa nuova prospettiva. Avrebbe un successo garantito”. Le radici ci sono, quindi, ora la speranza del mondo del Terzo settore è che non manchino i frutti.
(ga-redattore sociale)