La pittura romagnola del Rinascimento non è più un episodio minore della storia dell’arte italiana, bensì un racconto generoso di capolavori di pittura sacra e di affascinanti vicende biografiche e critiche. Tra le più curiose vi sono senza dubbio quelle dei fratelli Francesco e Bernardino Zaganelli e del loro più brillante discepolo, Girolamo Marchesi, tutti e tre nati a Cotignola. Le loro vite, spese nelle fatiche del pennello e nella consumata sapienza del colore, ottenuto con una scienza raffinata paragonabile all’alchimia, hanno recentemente ispirato un romanzo giallo di Chiara Arrighetti, Un’oncia di rosso cinabro (Carta Canta, 2010). La scrittrice per la parte critico scientifica si è affidata a Raffaella Zama, storica dell’arte discepola di Federico Zeri, che da un ventennio si è occupata dello studio meticoloso di questi maestri, rivelandone la ricchezza formale e poetica, e le suggestioni simboliche e religiose. La Zama ha un legame speciale con Rimini: riminese è l’editore dei due grandi e prestigiosi volumi (Giovanni Luisè, 1994 e 2007) dedicati ai maestri cotignolesi, e riminese l’appuntamento che l’ha vista protagonista venerdì scorso nel Salone di Palazzo Buonadrata, presso la Fondazione Cassa di Risparmio, nell’ambito del ciclo di conferenze “I Maestri e il Tempo”, promosso dall’Ente e dedicato agli artisti e alle presenze figurative che hanno attraversato Rimini dal Duecento al Novecento. All’interno della rassegna, patrocinata dall’IBC dell’Emilia-Romagna e giunta al suo quarto appuntamento, la Zama ha definito in vero questi pittori “abitatori di Rimini”, sia in senso concreto, sia sotto la metafora del passaggio delle loro opere o della loro influenza nella nostra città.
La Fondazione, d’altra parte, possiede nella propria raccolta d’arte tre tavole, opere rispettive di Francesco, Bernardino e Girolamo, di cui due (quelle di Francesco e del Marchesi) in deposito presso il Museo della Città. Girolamo, inoltre, ha lasciato a San Marino due notevoli pale d’altare, mentre sono andati perduti gli affreschi eseguiti per l’antica e scomparsa cattedrale di Santa Colomba. Affascinante la vicenda critica del Marchesi la cui opera fu, a dir così, divisa in due dagli storici e attribuita erroneamente a due distinti “Girolami”. Il primo ancora “quattrocentesco”, attardato, elegantemente arcaico; il secondo moderno, audace, pienamente rinascimentale. Eppure i due erano e restano uno solo: un unico pittore che evolve con impressionante rapidità e consapevolezza verso nuove idee estetiche e nuovi orizzonti formali, quasi che avesse raccolto tra le sue mani tutta l’eredità artistica del XV secolo per innestarla nel grande meriggio del primo Cinquecento, illuminato dal sole giovane e maestoso di Raffaello. Non si pensi, tuttavia, che la prima fase del maestro sia da considerarsi inferiore, tutta costellata di esperimenti acerbi e indecisi, rispetto alla seconda: i due periodi si distinguono nettamente per le scelte stilistiche non per la qualità pittorica sempre altissima e di forte coinvolgimento emotivo e intellettuale. A ricomporre in unico arazzo i due lembi di un tessuto così complesso e pregiato e a ricondurli al magistero prezioso dei due Zaganelli (alla purezza peruginesca e nordica di Bernardino, al linguaggio mosso e düreriano di Francesco) sono giunte le ricerche accuratissime di Raffaella Zama, rivelate con generosità d’immagini nella sua appassionata esposizione riminese. Ora anche questa trascurata vicenda della storia artistica emiliano-romagnola si è dischiusa nella sua eleganza europea: i paesaggi che parlano il minuto lessico fiammingo o il simbolismo lustro e smagliante di Giovanni Bellini, gli emblemi sacri esposti con sofisticata erudizione, i sentimenti religiosi trattenuti nel decoro di una classicità riscoperta o nel cerchio di un universo gotico mai perduto, suggeriscono quanti “tempi” racchiuda in sé questa mirabile pittura.
Spetterà a Massimo Pulini, venerdì 25 marzo (ore 17.30 a Palazzo Buonadrata) continuare il racconto nel secolo del Barocco e della Riforma Cattolica, spiegandoci il purismo di Centino e di Pronti, “All’ombra di Cagnacci”.
Alessandro Giovanardi
Nella foto, Bernardino Zaganelli, Madonna col Bambino e San Giovannino, 1510-20, olio su tavola, Rimini, Fondazione Carim