IL TEMA. Introdotta nel 2022, prevede l’incontro tra colpevole e vittime guidate da un mediatore
In Italia viene codificata conla Riforma Cartabia, che ne disciplina modalità e strumenti. Preziosa soprattutto in ottica minorile, ha lo scopo di raggiungere una piena ‘riparazione’ a livello umano. Rimini in prima linea
A dirlo è la Costituzione: le pene sono finalizzate a rieducare. Le sanzioni penali, cioè, hanno certamente una dimensione punitiva, ma lo scopo ultimo è quello di riabilitare chi ha compiuto un reato per reinserirlo nella società. È un principio di grande civiltà, ma che in un certo senso rimane legato a una dimensione giuridica: la pena, che è rieducativa, nasce e pone rimedio alla violazione di una norma. Ma, ovviamente, un reato porta con sé molto di più, soprattutto dal punto di vista umano, sociale, di sofferenza e di necessità di recupero psicologico, tanto nelle vittime quanto negli stessi autori di un crimine.
Tutte conseguenze alle quali occorre porre rimedio: è qui che nasce il concetto di giustizia riparativa. Un concetto divenuto d’attualità perché applicato nelle scorse settimane nell’ambito dell’omicidio della giovane Carol Maltesi, nei confronti del reo confesso Davide Fontana, la prima volta in Italia per un reato di tale entità. Di cosa si tratta?
Un ‘nuovo’ concetto di giustizia?
Per giustizia riparativa si intende una modalità di approccio alla materia penale che valuta un reato nell’ottica dei danni prodotti sulle persone, concentrandosi, quindi, sulla sua dimensione umana e sociale. E, per estensione, il termine va a indicare tutti quei procedimenti finalizzati non solo al recupero di un condannato, ma alla risoluzione dei danni prodotti, attraverso una serie di attività che portano a un avvicinamento tra autore del reato e vittime, alle quali è richiesto, in via volontaria, un ruolo attivo. Il concetto di giustizia riparativa non nasce certo oggi (teorizzato in questi termini negli anni ’80 in America), ma solo di recente è stato codificato a livello normativo nel nostro Paese, con una legge dedicata che è entrata in vigore nel 2022 (con la cosiddetta Riforma Cartabia) e che ne disciplina il funzionamento: in sintesi, la giustizia riparativa consiste in una serie di attività alle quali l’autore di un reato e le vittime possono partecipare, in forma totalmente libera e volontaria, al fine di risolvere le questioni derivanti dal reato attraverso l’aiuto di un mediatore, soggetto terzo, imparziale e specificamente formato. A gestire tutto questo sono strutture pubbliche, i Centri per la Giustizia Riparativa, che garantiscono l’accesso ai programmi di mediazione attraverso una distribuzione su tutto il territorio, con almeno un Centro presente in ogni distretto di Corte d’Appello.
Ricucire, dunque, una ferita profonda tra colpevole e vittime, attraverso l’attività di mediazione. Mediazione che rappresenta la via principale, ma non l’unica: “ Ci sono altri metodi come i ‘circle’ che possono non prevedere la presenza di vittime, e i cosiddetti ‘victim empaty groups’, in cui gruppi di vittime si raccontano” sottolinea Grazia Mannozzi, direttrice del Centro Studi sulla Giustizia Riparativa e la Mediazione.
Per il mondo dei giovani
Un’attività che può dare frutti preziosi soprattutto sul fronte della giustizia minorile. “ Da un lato, attraverso l’incontro con l’altro, il ragazzo che sbaglia prende consapevolezza dell’errore commesso contribuendo a evitare che lo ripeta in futuro; dall’altro, la vittima trova finalmente un suo spazio, si sente ascoltata e compresa e questo può aiutare il suo percorso di recupero”. A evidenziarlo è
Carla Garlatti, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza,
commentando i risultati dell’indagine nazionale condotta in collaborazione con il Ministero della Giustizia. Con una precisazione fondamentale: “ Va chiarito che non è previsto uno sconto di pena, – prosegue Garlatti – ma è un procedimento volontario che si affianca al procedimento giudiziario”. E che può essere particolarmente utile nella gestione dei reati commessi da giovani: “ La giustizia riparativa deve essere la risposta prioritaria da dare ai ragazzi quando sbagliano, anche in maniera grave”, conclude Garlatti.
A Rimini
Rimini, che da sempre è impegnata sul tema del recupero dei detenuti, con tante attività messe in campo dal Comune, dal carcere e dalle realtà del terzo settore, si è fatta trovare in prima linea anche sul fronte della giustizia riparativa. Negli scorsi mesi, infatti, Rimini ha sottoscritto (prima città in Regione) il Protocollo sulla Giustizia Riparativa e Mediazione Penale: l’accordo, concluso assieme all’Ufficio di esecuzione penale di ForlìCesena, il Centro Giustizia Minorile per l’Emilia-Romagna e le Marche, la Casa Circondariale di Rimini e la cooperativa sociale L’Ovile di Reggio Emilia, è indirizzato proprio a sviluppare le attività di mediazione tra condannati e vittime, istituendo un apposito Sportello e un Tavolo di monitoraggio dei progetti messi in campo. “ Un progetto nuovo che mira a superare la logica del castigo, contrastando quell’idea abbastanza diffusa per cui la giustizia dovrebbe solo basarsi sul paradigma della punizione” è il commento dell’Assessore alla Protezione sociale del Comune di Rimini, Kristian Gianfreda. Nella sostanza, i mediatori guideranno gli autori dei reati e le vittime che decideranno di accedere a questo percorso in un dialogo che porti a una ‘riparazione’ esplicita, attraverso il raggiungimento di un accordo che può assumere diverse forme, da una dichiarazione fino a un risarcimento economico.