Forse già in questi giorni si preparano nuovi presìdi, nuove illusioni storiche, nuove aggregazioni che cerchino di ricompattare i cristiani. Ma i cristiani si ricompattano solo sulla parola di Dio e sull’Evangelo!” . Era il 1994 e Giuseppe Dossetti fremeva quando sentiva parlare di riaggregazione politica dei cattolici. E comunque una cosa è certa: Giuseppe Dossetti (nato il 13 febbraio 1913 e scomparso il 15 dicembre 1996) non era un cerchiobottista o un buonista. Quando voleva dire qualcosa, la diceva facendosi ben capire. Anche per questi motivi, la sua resta una figura controversa, che ha suscitato ed ancora susciterà rifiuti, rigidità ma anche grandi passioni. Di certo non ha mai lasciato nessuno indifferente. Una vulgata, che va per la maggiore, lo dipinge come un integralista. Achille Ardigò che gli fu stretto collaboratore si è opposto fino agli ultimi suoi giorni a questo ‘luogo comune’. Anzi sottolineava che: “Fu forse in qualche misura anticlericale e sicuramente distintissimo da ogni nostalgia o tentazione di potere temporale della Chiesa, così come fu distante da ogni modello di Stato – etico”.
Eppure non fu neanche un monaco – barricadiero. Il nipote don Giuseppe Dossetti Jr. sottolinea sempre il valore dell’obbedienza che aveva lo zio. “Egli ha avuto il dono di conciliare obbedienza e libertà e anche di conciliare le due obbedienze, alla Chiesa ed alla storia. Tale conciliazione non avvenne mai in lui nella forma della mediazione ma della radicalità”.
Ubbidì a Pio XII che lo costrinse ad accettare la candidatura nelle file della Dc nel 1948, ubbidì al cardinal Giacomo Lercaro in occasione delle elezioni amministrative a Bologna nel 1956. E, una volta espresso il suo sofferto ‘sì’, si prodigò con tutte le energie, dando inoltre vita, insieme ad un nutrito gruppo di giovani intellettuali, a quel ‘libro bianco su Bologna’ che fu in gran parte recepito dai sindaci comunisti Giuseppe Dozza e Guido Fanti (scomparso pochi mesi fa e di cui è nota la battuta: “con il libro bianco di Dossetti ci abbiamo campato 20 anni”).
Giuseppe Dossetti fu molto attento al rapporto con le altre religioni. All’epoca non si parlava di ‘scontro di civiltà’ come oggi, ma Dossetti aveva già una visione allarmata della situazione del mondo. Vedeva un degrado della politica internazionale e temeva che potessero prodursi catastrofi. Anche per questo motivo il suo impegno era rivolto nell’andare alla radice dei problemi ed alla formazione delle coscienze.
A cento anni dalla nascita sono numerosi, in questi mesi, i convegni ed i libri che ne analizzano la testimonianza e l’eredità, ricostruendo i momenti che hanno contrassegnato la sua formazione, l’insegnamento universitario, l’esperienza partigiana, il contributo per la stesura della Carta Costituzionale, la militanza critica nella Democrazia Cristiana, il ritiro dalla politica, la fondazione di una comunità monastica aperta verso l’Oriente, la via del sacerdozio, la partecipazione al Concilio, fino alla scelta di abitare a Monte Sole, luogo memoriale di una strage nazista.
Una vita, apparentemente tortuosa, contrassegnata – come scrive Fabrizio Mandreoli nel libro “Giuseppe Dossetti” edito da Il Margine (2012, pp.157, euro15) “da una ricerca di conformità al Vangelo dentro la complessità della storia”. In tempi come i nostri, contrassegnati da conformismo e ricerca del quieto vivere, si tratta sicuramente di una testimonianza radicalmente inattuale.
Giorgio Tonelli