La cronaca quotidiana ci racconta di innumerevoli episodi che testimoniano l’urgenza di stringere alleanze forti tra le Istituzioni che sono chiamate ad accompagnare la crescita dei giovani. Di fatto appaiono sempre più spesso come i nuovi poveri. Una povertà esistenziale, tipica di “bambini orfani di genitori vivi” e di “giovani disorientati e senza regole”, come scrive il Papa nell’Amoris Laetitia. Ma quella dei giovani è anche povertà sociale, che li vede convivere a forza con una condizione lavorativa umiliante.
Mario Galasso, direttore della Caritas Diocesana: avete commissionato una ricerca sui giovani e la povertà nel riminese. Nel nostro Paese i tempi sociali non sono al passo con i tempi dei giovani, con la loro voglia di mettersi in gioco e di mostrare le capacità. E a Rimini, quale situazione avete ritrovato?
“I dati che emergono dalla ricerca sono allineati con quelli raccolti e presentati dall’Istat, dall’Eurostat e dal Rapporto sulla povertà della Caritas Italiana: i giovani sono i più colpiti dalla povertà.
Come stride nelle nostre orecchie questa affermazione eppure… i nuovi poveri sono i giovani, in particolare quelli con figli.
La povertà è un fenomeno più pervasivo e diffuso rispetto agli scorsi anni. Il dato allarmante è che le persone più penalizzate non sono solo gli anziani, i pensionati, come nel passato, ma i giovani. E mentre in Europa la povertà giovanile è in declino, in Italia è in aumento.
Questo è il vero dramma del nostro Paese!
Non facciamoci ingannare e sviare da argomenti utilizzati ad arte per altri scopi, come ci ha ricordato recentemente Papa Francesco. “Purtroppo accade pure che nel mondo della politica si ceda alla tentazione di strumentalizzare le paure o le oggettive difficoltà di alcuni gruppi e di servirsi di promesse illusorie per miopi interessi elettorali»”.
Saremmo dunque in presenza di strumenti di distrazione di massa dai veri problemi dell’Italia?
“Questa nuova povertà dei giovani pesa di più rispetto a quella degli anziani perché ha maglie più larghe e colpisce un intero ecosistema. Un giovane povero è un giovane che non investe nell’educazione, che non può permettersi uno sport, che non va in vacanza. È un giovane che ha scarse possibilità di trovare un lavoro, e quando lo trova è sottopagato, e di uscire dalla propria casa di origine e fare famiglia. È quello che a livello europeo viene chiamato il fenomeno dei Neet, giovani privi di lavoro e fuori dal circuito educativo: l’Ocse stima che uno su tre vive ai margini della società.
In questo contesto, non sono solo gli stranieri ad emigrare ma anche i nostri giovani: nel 2016 sono stati 73.000 i giovani diplomati e laureati che hanno abbandonano l’Italia ritenendolo un Paese per vecchi che perde il capitale umano più importante, quello dei giovani”.
L’Italia è fanalino di coda in Europa (scortata da Grecia e pochissimi altri Paesi) per natalità: non si fanno più figli. E diventato un paese per vecchi. Occorre più cura, che significa un rapporto diverso con la terza e la quarta età ma anche spese diverse. L’innalzamento dell’età pensionabile crea un mondo del lavoro che si allontana sempre più dalle fasce giovani. Un circolo perverso. Come se ne esce?
“L’Italia si trova di fronte ad una situazione drammatica: ha tanti anziani da proteggere e pochi giovani sui cui puntare. E, mentre i primi sono sempre al centro del dibattito politico e ben rappresentati, i secondi versano nell’indifferenza più generale.
Mi sembra retorico affermare che se ci sta veramente a cuore un futuro diverso dobbiamo invertire rotta, investire sui giovani, farli crescere, sperimentare e… anche sbagliare. Basta parole!”.
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