Il XV Rapporto sulle povertà ha voluto mettere al centro i giovani. La Caritas diocesana ha infatti preso a cuore l’appello del Papa di mettersi in ascolto dei giovani e, dall’estate del 2017, ha iniziato a riflettere e a interrogarsi su quali fossero gli strumenti giusti. È stata così realizzata una ricerca – Poveri giovani!, fatta da un gruppo di giovani, su un campione di 508 ragazzi dai 18 ai 35 anni residenti a Rimini. I risultati sono stati poi rielaborati attraverso un docu-film dal titolo “47900”, girato da un ventiquattrenne con la passione dei video e proiettato nel Cinema più simbolico della città: il Fulgor. Dopo questo evento, realizzato a ottobre 2018, non ci si è fermati.
Isabella Mancino, responsabile Osservatorio delle povertà e delle risorse della Caritas diocesana Rimini, ci introduce ai contenuti, alle modalità ed alle motivazioni sulle quali si è lavorato per preparare l’annuale Rapporto, quest’anno è la XV edizione, che ci fa conoscere su quali siano le situazioni di fragilità e vulnerabilità presenti sul nostro territorio.
Particolarità di questo Rapporto è che tutte le realtà coinvolte sono state invitate a riflettere sui giovani che incontrano, su come si approcciano con loro e su quali siano le prospettive che si immaginano per il loro futuro. Nel primo capitolo sono stati analizzati i dati di contesto relativi ai giovani, anche grazie alla collaborazione dell’Ufficio casa del Comune, della Camera di Commercio e dei sindacati.
Nel secondo capitolo, diversi documenti, sono stati redatti proprio dai soggetti stessi di questa indagine:
– una riflessione sulla ricerca “Poveri giovani!”, scritta da Lucia Zoffoli giornalista della redazione de ilPonte Giovani;
– un’analisi dei giovani incontrati dalla Caritas nel 2018, elaborata da Federica Pari, laureanda in Sociologia;
– le considerazioni di alcuni giovani dell’Associazione Agevolando che si occupa di neo-maggiorenni costretti a lasciare le comunità presso le quali erano ospitati, anche se sprovvisti di alloggio e lavoro;
– un’analisi dei dati relativa ai giovani che scelgono di fare il Servizio Civile, realizzata non solo dal Co.Pr.E.S.C., ma anche da due giovani volontarie.
Abbiamo cioè ritenuto importante che un Rapporto come questo non si occupasse soltanto della povertà giovanile, ma offrisse ai giovani stessi, la possibilità di esprimersi.
Nel capitolo dedicato alla povertà e alla salute il Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche ha elaborato delle riflessioni e dei dati specifici sui giovani che soffrono di problemi di salute mentale e di dipendenze. Altrettanti approfondimenti sono anche stati fatti dagli Sportelli Sociali dei Comuni, così come dalle altre realtà interpellate, che non solo si sono soffermate a riflettere sui giovani in situazione di disagio, ma anche su quei giovani che invece scelgono di fare volontariato.
I giovani vogliono farci sentire la loro voce
Mentre mi accingo a scrivere la presentazione al Rapporto, è in corso il “Friday’s for Future”, un movimento giovanile “liquido”, dilagato sul web, nato per dire che non è stato fatto abbastanza per contrastare i cambiamenti climatici e che c’è poco, pochissimo tempo per agire.
Un esempio contagioso che ha cambiato il titolo del nostro report aggiungendo un punto interrogativo a quello pensato: Giovani in Standby.
Non poteva essere diversamente: se da una parte i nostri dati ci dicono che il 30% delle nuove persone che si rivolgono ai nostri Centri di Ascolto sono giovani, dall’altra la straordinaria risposta delle nuove generazioni all’appello lanciato da Greta Thunberg ci mostra che i giovani vogliono farci sentire la loro voce. Giovani che chiedono aiuto alla Caritas e giovani che si mobilitano con cortei, incontri, marce, scioperi e flash mob, gridandoci, “Se non ora, quando?”, “Usiamo la ragione, salviamoci”, e ancora: “Studierei il passato se mi assicurate un futuro!”, “Non c’è lavoro in un pianeta morto!”
Slogan che mi provocano. Non ho risposte, solo molti interrogativi.
Siamo capaci di accogliere le istanze che questi giovani ci rivolgono? Soprattutto, le vogliamo veramente accogliere?
Siamo capaci di ascoltarli?
Come posso e possiamo dare speranza ai giovani, cominciando da quelli che si rivolgono a noi?
Come non deluderli? Come connetterli con quelli che ci stanno scuotendo le coscienze?
Sono lo specchio di quello che avremmo dovuto fare e non abbiamo fatto, per questo abbiamo paura di loro?
L’odio verso Greta e verso i suoi coetanei, che hanno aperto gli occhi e alzato la voce, è il segno che questo movimento di giovanissimi che vogliono salvare il pianeta dal disastro ecologico, è un pericolo?
Greta ha iniziato da sola, ma non in solitaria. Perché, per non andare a scuola ogni venerdì di sciopero, ha potuto contare su una famiglia sensibile, su un preside intelligente, su forze dell’ordine che hanno tollerato il suo gesto davanti al Parlamento, senza caricarla su un’auto e convocare i genitori per una ramanzina in commissariato.
Dobbiamo raccogliere questo testimone cercando di imitarne l’esempio.
Dobbiamo diventare compagni di vita che favoriscano e non frenino il protagonismo dei giovani e delle persone che si affidano a noi e, attraverso questa esperienza, riuscire ad educare le nostre comunità, aiutarle a cambiare il loro atteggiamento troppe volte difensivo ed escludente.
Queste sono le sfide sulle quali dovremo confrontarci, farlo insieme sarà bellissimo.
Mario Galasso