Se, di norma, senza voler dire che è normale, i giovani e le donne sono i più svantaggiati sul mercato del lavoro (in Italia sono a rischio povertà il 25% dei giovani 15-29 anni), il fenomeno è ancora più sentito dove le opportunità d’impiego soffrono di evidenti squilibri, come è il caso di Rimini. Fatta uguale a cento, per l’anno 2022, la popolazione 18-29 anni, hanno un lavoro: 47 giovani a Rimini, 59 a Forlì-Cesena e 53 a Ravenna, quando la media regionale è 52 (Istat). Il contro canto di un minor numero di giovani riminesi che lavorano è una disoccupazione e un tasso di inattività più elevato degli altri. Ma le difficoltà per i giovani di farsi spazio nel mondo del lavoro non sono recenti e risalgono almeno ad un decennio addietro, precisamente al 2013, quando le loro assunzioni nelle imprese del territorio, in valori assoluti, sono state surclassate da quelle degli ultra cinquantenni. Queste ultime in crescita, mentre quelle dei giovani sono rimaste al palo (tra 11.000 e 12.000 l’anno), con evidente perdita di peso relativo.
Non finisce qui.
Perché per i giovani che conseguono un lavoro ci sono i soliti problemi: salari medi bassi (10.000 euro l’anno a Rimini, contro 16.000 euro circa di Bologna, Modena e Reggio Emilia), minore richiesta di personale laureato (9% delle richieste, secondo Excelsior 2022, a Rimini, a fronte del 20% di Bologna, 13% di Modena e Reggio Emilia, 14% come media regionale e 15% nazionale). Non solo le occasioni di lavoro per un laureato riminese (nel 2021, in provincia di Rimini, si sono laureati 1.827 giovani, di cui 1.062 donne) sono più basse, ma sono pagati anche meno: infatti, 12 euro è la retribuzione lorda oraria a Rimini, ma supera 15 euro l’ora da Bologna in su (Istat). Allora, non c’è da sorprendersi se tanti, a fronte di questo panorama, decidono di emigrare. Anche all’estero. E se le prospettive occupazionali non migliorano rischiano di restarci.