Per trascorrere le fredde serate invernali in compagnia, cosa c’è di meglio di un bel gioco di società?
Ne ho in mente uno nuovo nuovo che mi piacerebbe brevettare.
In breve, c’è un tabellone con tante caselle e ognuna ha il nome di una via. Si parte da quelle più proletarie fino a quelle più signorili. Ci sono anche quattro stazioni, anzi tre che tanto di treni ne girano sempre meno. C’è una società dell’elettricità e una dell’acqua potabile, pubblica per referendum. I giocatori partono con alcune proprietà e possono acquistarne altre, se libere, quando ci finiscono sopra coi dadi. Così gli altri quando ci passano devono pagare il pedaggio. Se il proprietario accetta di costruirci sopra delle case, accollandosi l’investimento e una tassa sull’immobile, chi ci passa deve pagare di più. Se c’è un albergo, si paga ovviamente anche la tassa di soggiorno. A gestire il tutto è una banca che riscuote i pedaggi e le ipoteche in caso di crisi del giocatore, ma difficilmente dà prestiti. Se non dietro precise garanzie: il titolare del Vicolo Striminzito, ad esempio, sarà ignorato, mentre quello del Parco del Successo riceverà anche un’agenda in omaggio. Per movimentare il gioco, qua e là ci saranno caselle “imprevisti e fatalità”. C’è anche una prigione, ma anche lì dentro il giocatore può comprare, vendere, incassare e costruire (ndr: riportato dal regolamento dell’originale). Vince l’ultimo che evita il fallimento, sempre che non si sia impegnato a vita con la banca. Ah, dimenticavo il nome: pensavo “Montopoli”.