I giovani di oggi, digitali, interattivi, emotivi, spesso distanti dalla religione e dalle chiese, possono avere un incontro coinvolgente con la parola di Dio? È la sfida che si propone il riminese don Alessandro Zavattini nel volume Giovani e Bibbia “narrativa”. Metodi attivi e interattivi per l’incontro con la parola di Dio (Edizioni Messaggero Padova, 14 euro).
Don Alessandro propone sintesi della sua voluminosa tesi sulla ricerca di linguaggi più consoni ai “nativi digitali“, percorsi non solo per credenti, per accompagnare i giovani all’incontro con la Bibbia. Nel volume sono raccolte e spiegate – frutto di un decennale appassionato lavoro – alcune coinvolgenti proposte che danno vita a laboratori e vere e proprie scuole di formazione, metodi nuovi per confrontarsi con la Bibbia.
A chi indirizzi in particolare questo libro?
“Lo indirizzo a tutti gli appassionati di giovani e di Bibbia, coloro che sono alla ricerca di approcci nuovi che portino la Buona Notizia anche a chi fatica a credere. Ho potuto incontrare tanti appassionati di entrambe i mondi – giovani e Parola di Dio – che hanno trovato metodi entusiasmanti e dinamici. Per cui mi rivolgo ai curiosi che vogliono farsi un’idea di cosa sono i metodi ‘narrattivi’, agli sperimentatori che hanno già iniziato a provarli su di se e con i ragazzi (ne abbiamo già tanti a Rimini e dintorni) e ai responsabili della formazione (preti, educatori, catechisti, capi scout…). Dico a tutti, però di tenere conto che questi metodi non si comprendono né si imparano dai libri, occorre farne esperienza diretta anzitutto, almeno una volta come fruitori”.
Tu cerchi metodi attivi per far incontrare i giovani con la parola di Dio. Ma i giovani hanno desiderio di incontare la Bibbia?
“A guardare i fatti, la gran parte di adolescenti e giovani, ma anche degli adulti, oggi attraversa una crisi di fede.
Basta notare l’età di quanti frequentano le nostre comunità. Anche tra gli appartenenti ai gruppi la fede, la liturgia sono in stallo o meglio in ‘stand by’. Non c’è un rifiuto quanto piuttosto una fatica al sentirsele proprie espressioni. Cosi nei confronti della Bibbia c’è tanto analfabetismo, distanza culturale, dissonanza comunicativa e affettiva… ma gran parte dipende dagli approcci con cui è posta, perché in realtà è ricca del vissuto di persone che ci somigliano tanto, di linguaggi attuali, di storie travolgenti, di messaggi liberanti. Ci sono approcci che distanziano perché libreschi, teorici, astratti, informativi, moralisti, oppure troppo educational… c’è una grande allergia dei giovani a chi vuole mettere le mani sulla libertà di coscienza, soprattutto in temi cosi delicati, personali e sofferti come la fede. Ci sono invece altri approcci che sbloccano la relazione, la libertà, la gratuità, l’immaginazione, l’emotività, il corpo, la capacità di scegliere… Sono proprio questi che sono andato a cercare: laboratori della fede narrativi e attivi, che facilitano l’incontro e il gioco tra la Parola di Dio e i giovani… e non solo con loro”.
È molto interessante nel tuo libro l’analisi del mondo giovanile, dei suoi linguaggi, limiti e risorse… “Per evangelizzare occorre portare infatti la buona notizia nella carne e nella storia di chi non la percepisce ancora. Per questo ci vuole un ascolto continuo del suo vissuto, delle sue percezioni. I giovani sono i pionieri di un mondo che cambia e continua a cambiare.
Anche il Sinodo sui giovani, raccogliendo le loro voci, ci chiede di metterci in ascolto permanente, di essere attenti alle modificazioni delle comunicazioni digitali, di offrire azioni pastorali popolari e spazi inclusivi non solo per credenti o per chi ha chiaro la fede. Faccio solo un esempio: la comunicazione digitale non solo riempie di informazioni ma rende tutti più interattivi su qualsiasi contenuto. I ‘nativi digitali’ sono strutturati per interagire ma hanno bisogno di ritrovarsi dentro relazioni, di essere aiutati a ri-sequenziare la propria storia nella salvezza, a incontrare la Buona Notizia della misericordia. I metodi ‘narrattivi’ aiutano a utilizzare tutti i linguaggi attivi (immaginazione, emozione, interazione…), a viverla senza la mediazione dei supporti digitali con l’interpretazione personale, il corpo, l’azione, la decisione.”
I primi referenti del tuo lavoro sono certamente i giovani, ma l’analfabetismo religioso e biblico appartiene a tutti, ad iniziare dagli adulti. Anche per loro sono valide queste tecniche che proponi?
“Certo i metodi attivi con la Bibbia funzionano con tutti, dai bambini agli adulti. Li ho sperimentati in diversi contesti, con i piccoli, con gli anziani, nella scuola, con i ragazzi dei quartieri poveri di Roma… Ma in diocesi cerchiamo di dare un criterio: non bruciarci ancora queste esperienze ‘infantilizzando’ o ‘adultizzando’ il nuovo che arriva. Siccome tutto ci riesce (relativamente) più facile con i bambini (che già ‘vengono’ e grazie ai catechisti e catechiste) e gli adulti, destiniamo le nostre risorse di innovazione sempre a loro togliendo occasioni ed energie ai giovani”.
I linguaggi che usa Gesù sono in qualche modo vicini a queste tecniche che vengono proposte?
“L’avventura di trovare questi metodi mi si è avviata proprio cercando di interpretare le parabole come ‘giochi di ruolo’.
Qualche professore mi ha inizialmente preso per matto, poi ho trovato non solo un parallelo con i metodi attivi, in particolare i Role Play, ma anche con gli studi più storici delle parabole. Di fatto Gesù ha raccontato storie memorabili attraverso le quali ‘giocava’ con i suoi contemporanei chiedendo di prendere parte dei personaggi (‘chi dei due…? Chi è stato il prossimo…? Che farà il padrone…?’). Non solo, Gesù è un vero role player anche perché lui stesso ha utilizzato lo ‘scambio di ruolo’ (tipico dei role play) tante volte nella sua vita, con i più piccoli (bambini, poveri, ultimi cfr Mt 10,40; 18,5; 25,40.45…) ed invitando gli altri a farlo. In fondo la dinamica del Regno di Dio che annuncia è quella dove ‘i primi saranno gli ultimi’ e la misericordia è la capacità di mettersi al posto dell’altro. Gesù è il primo a praticare e ad insegnare a giocare con i ruoli”.
Molte sono le forme proposte che il libro presenta. Con quali iniziare a sperimentare?
“Per iniziare a proporre prima bisogna partecipare in prima persona ai laboratori in stile ‘narrattivo’. A Rimini abbiamo iniziato a proporre momenti formativi con Bibliodramma, Psicodramma Biblico, Narrazione di Tibaldi già dal 2017 e ogni anno scuole di formazione con Bibliodramma in occasione della settimana biblica ed in altre occasioni durante l’anno. Certo, siccome le più coinvolgenti sono anche le più complesse, occorre cominciare a cimentarsi con le forme più semplici di lettura attiva e narrativa, e poi, formandosi ai corsi, imparare a proporre un laboratorio attivo con la Bibbia. Serve formazione ma anche con una sola esperienza si apre la mente, il desiderio e l’intuizione di utilizzare molti nuovi linguaggi narrare la Bibbia e annunciare la sua Buona Notizia. In diocesi sono già centinaia le persone che lo hanno provato e vi è una équipe di ‘Bibbia Narrattiva’ provenienti dalle diverse zone pastorali, in grado di proporre laboratori a chi lo chiede”.