“Eravamo molto irrequieti, avevamo molti interessi: la pittura, il cinema, la musica ovviamente la letteratura in genere, la poesia… e naturalmente non è che avessimo sempre le idee univoche: a rugémi, a fémmi un pó ad caséin”.
“C’era il cugino di Lello che si chiamava Giovannino Moroni, con un altro il quale aveva mostrato insofferenza per questi urli, per le scalmane di questi giovani che erano nella sala di là… Va là, lassa pérd, gli dice Giovannino, l’è quei de Cìrcal de Giudéizi… come dire, sono i matti“.
Uno di quei “matti” era proprio lui: Gianni Fucci.
E fu il primo ad analizzare l’esperienza del “Circolo del Giudizio” di cui ha fatto parte assieme a Tonino Guerra, Raffaello Baldini, Flavio Nicolini, Nino Pedretti e Rina Macrelli. Fucci è morto all’età di 90 anni nella sua Santarcangelo, la città nella quale ha sempre vissuto fin dall’infanzia, dopo essere nato il 3 ottobre del 1928 a Montbéliard (Francia).
A Santarcangelo ha dedicato alcuni lavori sia di carattere critico-letterario, sia di carattere storico: si segnala in particolare La notte delle bandierine rosse. Vita a Santarcangelo tra fascismo ed antifascismo 1919-1943, scritto con l’amico Serino Baldazzi (anche egli poeta dialettale), pubblicato nel 1994 e rieditato nel 2017 dall’Anpi di Santarcangelo.
Giovanissimo, assieme agli amici Tonino Guerra, Nino Pedretti, Flavio Nicolini, Rina Macrelli, Raffaello Baldini, Federico Moroni e Giulio Turci, fece parte di quel sodalizio che fu’ ribattezzato ironicamente “E’ cìrcal de giudéizi”. È stato probabilmente il primo ad analizzare l’esperienza del cosiddetto Circolo del Giudizio, consacrandone il nome con l’intervento “E’ Circal de Giudéizi (un ricordo di Nino Pedretti)”, apparso nella rivista letteraria “Il lettore di provincia” di aprile-maggio 1987.
Si è occupato anche di cinema collaborando con Elio Petri e Flavio Nicolini, ma è soprattutto come poeta che si è imposto all’attenzione della critica letteraria nazionale. Avvicinatosi alla poesia dialettale intorno alla metà degli anni Settanta, Fucci pubblica le sue prime sei raccolte in romagnolo: La morta e e’ cazadòur (1981), Elbar dla memoria (1989), La baleda de vènt (1996), E’ bastimènt (1996), Témp e tempèsti (2003), Vent e bandiri (2005), mentre è del 2002 la plaquette Nadel. Sonetti d’auguri. È presente in svariati saggi critici e in numerose antologie, tra cui la corposa “La poesia in dialetto. Storia e testi dalle origini al Novecento” a cura di Franco Brevini (Einaudi, 1999), “Il pensiero dominante. Poesia Italiana 1970-2000” a cura di Franco Loi e Davide Rondoni (Garzanti, 2001), “Dizionario dei poeti dialettali romagnoli del novecento” (Pazzini, 2006).
L’opera di Fucci è stata a sua volta raccolta in due antologie: “Antologia privata: poesie in dialetto romagnolo 1981-2003” (Pazzini, 2006) e “Da un chev a l’elt: antologia delle opere poetiche (1981-2010)” a cura di Gianfranco Lauretano (Il ponte vecchio, 2010). È invece del 2011 il poema Rumanz. Un’epica famigliare in dialetto santarcangiolese (Il Vicolo), mentre nel 2013 esce per l’editore Pazzini Nadêl 2: sonetti d’auguri (2002-2013). Seguono le raccolte poetiche Fugh e fiàmbi (Magara la coulpa l’è enca la nosta): poesie in dialetto santarcangiolese (Pazzini, 2014), Sigilli del tempo. Poesie in lingua (Raffaelli, 2015), Lêgrimi ad luce (Il Vicolo, 2016), L’antico viandante. Poesie (Pazzini, 2017), Il mio cuore ascolta: poesie (Il vicolo, 2018). Nel 2015 Gianni Fucci ha donato alla biblioteca Baldini di Santarcangelo il suo archivio di scrittore e studioso del dialetto romagnolo.
Nel settembre 2017 è diventato primo sindaco della Città della Poesia eletto ad honorem in occasione della terza edizione di Cantiere Poetico per Santarcangelo.
Tommaso Cevoli