Scelgo attivamente è un progetto, nato quest’anno, volto a contrastare la dispersione scolastica giovanile e a promuovere l’orientamento e il successo formativo. La fascia a cui si rivolge è quella 12-19 anni, e propone attività di orientamento scolastico, incontri aperti su tematiche riguardanti l’adolescenza, uno sportello territoriale informativo e di ascolto. Tra gli eventi aperti al pubblico c’è stato quello di giovedì 2 maggio, “Genitori e figli di fronte alle droghe: ipotesi per un dialogo possibile” tenuto da Edoardo Polidori, medico e direttore del servizio dipendenze patologiche Rimini e Forlì.
“La prima domanda che vi lancio io questa sera – inizia Polidori – è: droga vuol dire dipendenza? Perché noi grandi siamo bravissimi, diciamo ai ragazzi che possono fare le loro scelte, ma alle droghe devono dire no.”
Ma allora come si può essere in qualche modo credibili e autorevoli?
“Il mio intervento stasera sarà un invito jazz. Nel 1953, a Toronto fu suonato uno dei più grandi concerti jazz della storia, A night in Tunisia, dai grandi musicisti del tempo. Chi pensa che loro abbiano provato e riprovato il pezzo si sbaglia: alcuni erano ubriachi, uno si era persino dimenticato a casa la tromba e avevano dovuto comprarla in un negozietto lì davanti. Eppure suonarono bene. Questo perché erano competenti, sapevano tutto del jazz e si conoscevano, ed erano dei grandi improvvisatori. Questi due elementi servono sia ai genitori, sia ai professionisti che dialogano con gli adolescenti. E si può essere improvvisatori solo se si è molto competenti in un certo campo”.
Come gli adolescenti vedono questo periodo della loro vita?
“Una ragazzina di terza media una volta mi ha detto che in adolescenza si attraversa la fase dell’alcol e delle droghe. Ci si immagina dunque un’uscita da questa fase. È l’età delle stupidaggini, anche se poi alcune non vanno a finire bene. C’è il confronto con la notte e una centralità dell’amicizia. Ci si allontana dalla famiglia e si cerca il proprio modo per diventare adulti. Dal punto di vista fisiologico tutto ciò è perfettamente giustificabile.”
Ce lo spiega?
“In adolescenza il nostro cervello cambia, in particolare due parti si sviluppano molto: il nucleo accumbens, che dice «divertiti, curiosa, godi!» e la corteccia prefrontale che invece dice «ragiona, pensa alle conseguenze». Il fatto è che il nucleo accumbens fino ai 23/25 anni è più forte della corteccia prefrontale, quindi è più facile che si punti al divertimento che mettersi a ragionare su cosa potrebbe succedere”.
Quando si sente parlare di droga si pensa subito al tossicodipendente, ma non tutti i ragazzi affrontano una dipendenza patologica, giusto?
“Assolutamente. Molti usano le sostanze in maniera saltuaria, senza sviluppare una dipendenza. Secondo l’ISPAD 2017, 804.000 studenti italiani hanno usato cannabis almeno una volta, l’80% di loro fa uso solo di quella. Sta a noi decidere se è un dato buono o cattivo. Sicuramente è un quadro con cui dobbiamo trovare un dialogo. Spesso la prima canna viene offerta da un amico come gesto di condivisione di un bel momento e uno non sa bene cosa dire. La sostanza da sballo è l’alcol, viene usato per andare fuori di testa più di altre sostanze. Per quanto possa essere una sostanza legalizzata rimane comunque pericolosa e sottovalutata. Anche a livello culturale è comunque accettata”.
Come si fa a fare i conti con questo uso così diffuso che arriva nelle case di molte famiglie? Per quanto possa essere solo saltuario è comunque fonte di preoccupazione.
“Ce lo suggerisce l’illusione di Ebbinghaus: c’è un cerchio arancione circondato da altri cerchi azzurri. In una figura i cerchi azzurri sono molto grandi, nell’altra piccoli. Ci illudono che il cerchio centrale arancione sia più piccolo da una parte rispetto all’altra, il che non è vero. Dunque il contorno ci dà la dimensione del centro. Quindi bisogna collocare il consumo nel contesto, capire se la vita sociale, scolastica, sportiva del ragazzo rimangono comunque grandi, importanti o se invece si riducono, perché il problema grave arriva quando la sostanza è l’unica cosa che rimane al ragazzo. Per evitare che l’uso diventi dipendenza bisogna dare spessore a tutto ciò che c’è intorno”.
Ma come confrontarsi con un valore che, come educatori, non condividiamo?
“Come educatori, insegnanti, genitori, ma in generale adulti, abbiamo dei valori personali, delle posizioni che prendiamo rispetto a certi temi o a determinate situazioni. Dobbiamo far sì, ed è molto difficile, che la nostra posizione, il nostro valore non diventi un giudizio. Dobbiamo riuscire a osservare senza giudicare. Educare i figli a essere avventurieri, dar loro gli strumenti e le conoscenze per affrontare la vita preparati e poi lasciarli partire. È importante difendere la relazione, mantenerla e lavorarci perché possa essere uno dei cerchi di contorno sempre grande e possa anche fare la differenza”.
Lucia Zoffoli