Nativi contro immigrati: storia di una guerra tra popoli? No, solo scontro generazionale tra figli e genitori nell’era digitale. I ragazzi sono nati con Internet e sanno muoversi in Rete, ma non sanno giudicare quel che vi accade; gli adulti, che di giudizio ne hanno da vendere, faticano ad adeguarsi al Web e anzi lo guardano con sospetto, preoccupati per i figli che passano ore davanti al monitor. Sembrerebbero mondi destinati a non incontrarsi, invece non è così. Su Web, social network, gioie e pericoli della Rete, genitori e figli si sono confrontati alla parrocchia di San Giuseppe al Porto con l’aiuto dell’ingegnere ed insegnante d’informatica Renato Laurita.
Facebook mania
Nessuno pare sottrarsi al fascino di Facebook, né tra gli adolescenti né tra i loro genitori. Il social network più famoso del mondo, letteralmente “libro delle facce”, che conta al momento 400 milioni di iscritti, funziona grossomodo così: ci si iscrive al sito, si costruisce un profilo corrispondente alla propria identità inserendo dati personali, hobby, foto e quant’altro possa descrivere la propria persona e poi si inizia a cercare “amici”. Vecchi, nuovi, ex compagni di scuola, colleghi di lavoro, parenti: non c’è limite al numero di amicizie che si possono stringere, tanto che c’è anche chi arriva a collezionarne un migliaio, soprattutto tra i giovanissimi.
Peccato che di amicizia, queste relazioni, a volte hanno solo il nome e non il senso: nessuno è in grado di sostenere e gestire tante relazioni di amicizia! Così capita che si creino liste di amici di serie A e di serie B. Ecco sorgere il primo problema: chi sono gli amici veri e come è possibile avere 800- 900 contatti?
“Molti, soprattutto tra i ragazzini, – spiega Laurita – tendono ad aggiungere amici come in una sorta di gara di popolarità e si ritrovano tra i propri amici persone che non conoscono ma non gli importa, perché l’importante è averne tanti. Potremmo applicare agli amici di Facebook la regola del «troppe informazioni uguale nessuna informazione»: troppi amici equivale a nessun amico”.
L’amicizia di Facebook è lontana dall’amicizia vera, somiglia più a una trovata di marketing virtuale che a un sentimento: le parole “amico” e “amicizia” sono studiate per colpire l’utente nelle sue fragilità, facendo leva sul sentimento della solitudine e spingerlo a cercare più persone possibili nell’intento di dare di sé l’immagine di una persona popolare, simpatica, accettata da molti. Si crea così l’illusione di un mondo parallelo, dove non solo costruiamo il nostro profilo come più ci piace, fingendo di essere come vorremmo e non come siamo, ma siamo anche popolari, stimati e liberi dalla solitudine. Nient’altro che illusioni, perché la realtà è una sola e Facebook non è il paese dei balocchi ma solo un mezzo di comunicazione dove le nostre solitudini sono destinate a restare tali.
Quanti rischi!
Se la tentazione è quella di illudersi di vivere una realtà parallela, è facile capire quante insidie ne derivano, pericoli che non sono però virtuali ma reali e che possono riguardare tutti, adulti e ragazzi.
Il primo pericolo è costituito dai dati personali che condividiamo su Facebook e che sono visibili a tutti, amici e non: nome, cognome, indirizzo di casa… Ecco perché “Facebook diventerà uno strumento utile per i ladri, che si trovano davanti una lista di persone con i loro indirizzi che magari annunciano allegramente di partire l’indomani per le vacanze” spiega Laurita, nello sgomento generale per non averci mai pensato prima. “Le nuove regole sulla privacy rendono automaticamente pubbliche foto e informazioni personali a meno che non si decida di cambiare le impostazioni, cosa che in pochi fanno. Non crediate che Facebook sia una realtà virtuale, perché è la realtà che viviamo ma aumentata di informazioni e questo ci mette a rischio”.
Oltre ai furti in casa, il rischio più grosso a cui ci esponiamo condividendo le nostre informazioni, le fotografie, le notizie personali, è il furto di quanto abbiamo di più caro: la nostra identità. Ci curiamo di non lasciar incustodito un oggetto a cui teniamo per paura che ci venga sottratto e poi con leggerezza lasciamo indifesi tutti i nostri dati. Quanto tempo ci vorrebbe secondo voi per imparare nome, cognome, indirizzo di una persona e fare un documento falso magari con la scusa di aver smarrito la carta d’identità? E con quel documento, accedere al conto bancario di quel tale, prelevare tutti i soldi e poi sparire per sempre? Pochi minuti, il tempo necessario per rovinare un ingenuo. Sono cose che capitano anche senza Facebook, ma questo strumento aumenta notevolmente le occasioni e come si dice “L’occasione fa l’uomo ladro”!
Nessuno è anonimo
Il mondo virtuale alimenta da sempre l’illusione di poter creare una realtà parallela dove siamo ciò che vorremmo essere. “La prima forma di trasgressione in questo senso è stata la chat – spiega Laurita – darsi un nickname diverso era già una menzogna sulla propria identità con la giustificazione che tanto si trattava di un’altra realtà. Invece non è così: sul Web nessuno è anonimo, ma lascia sempre delle tracce, qualsiasi cosa faccia”. Quindi non è un gioco e i siti che si visitano, se non leciti, possono metterci nei guai. Parliamo, ad esempio, di siti pedopornografici o terroristici: in caso di indagini, la Polizia postale può tranquillamente risalire a chi ha visitato il sito attraverso il suo indirizzo IP e incriminarlo, non c’è da scherzare.
Attenti ai virus
Attenzione, poi, a tutti quei virus capaci di servirsi del nostro pc per compiere reati sul Web senza che ce ne accorgiamo. Alcuni file sono addirittura in grado di penetrare nel computer e accendere la webcam a nostra insaputa oppure sono in grado di “leggere” tutto quello che digitiamo sulla tastiera, password bancarie comprese: una violazione della privacy che può costarci molto cara! Fondamentale per chi naviga, quindi, munirsi di un buon antivirus e, soprattutto, ricordarsi di aggiornarlo regolarmente perché basta un attimo di disattenzione perché il nostro pc venga usato per compiere truffe e reati a nostra insaputa. Come spiegare a quel punto che non siamo stati noi a compiere tali reati? Ad essere esposti a rischio sono soprattutto i privati cittadini perché le aziende sono tenute per legge ad adottare speciali sistemi di sicurezza. Gli antivirus possono essere acquistati o scaricati gratuitamente da Internet (ricordando che scaricare programmi su licenza è un reato, anche se la legge italiana non lo punisce): entrambi vanno bene ma in genere quelli gratuiti hanno funzioni limitate. Uno dei migliori al momento è NOD32, perché esegue in automatico la scansione delle chiavette USB, che insieme a Facebook e You Tube sono un formidabile veicolo di virus.
Squadra vincente
Insomma, l’uso consapevole di Internet è una “partita educativa” che si gioca tutta sull’equilibrio tra figli e genitori: gli adulti in quanto “immigrati digitali” non conosceranno mai bene la Rete come i loro figli, che sono “nativi” dell’era digitale. Essi però ne fanno un uso “senza giudizio”. Perciò gli adulti hanno il compito di guidare i figli al giudizio, non limitandoli o sgridandoli ma esercitando la critica. Dal canto loro, i ragazzi devono insegnare ai genitori le tecniche digitali e usare questo strumento scommettendo sulla capacità di giudizio che li farà grandi. In un clima di scambio, il monitor non sarà più una barriera insormontabile tra generazioni: genitori e figli possono sedersi dalla stessa parte e aiutarsi ad assaporare la bellezza di Internet altrimenti “è come trovarsi al Louvre e ammirare le scritte sconce sulle porte dei gabinetti”.
Romina Balducci