“Trump prima dice che si ritira dalla guerra in Siria, poi lancia i missili; Erdogan e Putin sono due democratici dittatori che appoggiano un sanguinario dittatore peggiore di loro; ai francesi e agli inglesi piace sempre giocare alla guerra (ciascuno per il proprio interesse)… Non ci resta che Francesco”.
Chi fa quest’affermazione non è certo un chiesaiolo. E continua. “Siamo confusi, abbiamo perso i riferimenti, così ci chiudiamo in quel che ci appare come il nostro interesse particolare, senza più speranza. Ecco perché guardo a Francesco che cerca di tenere la barra dritta anche se i credenti non mi sembrano così credenti”. E Francesco è un Papa che parla più coi segni che con le parole (che pure usa con esplicita chiarezza) domenica 20 aprile, mentre i rumori di guerra nella martoriata Siria rimbalzano fino in Occidente. A 25 anni dalla morte, va a rendere omaggio alla profetica figura di don Tonino Bello, oggi “Servo di Dio”, già Vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi. Lo conosciamo bene, anche perché il vescovo di Rimini Francesco lo cita spesso, indicandolo a se stesso e a noi, come un Pastore buono, anche se molto scomodo, per il nostro tran tran di fede. Alcuni sacerdoti riminesi l’hanno conosciuto negli anni in cui studiava all’Onarmo di Bologna. Tanti laici e sacerdoti hanno letto i suoi libri, per lo più postumi, ricchi di immagini (d’altra parte era pure un poeta) come quelle della “chiesa col grembiule” o quella dell’“ala di riserva” (“Gli uomini sono angeli con un’ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati”). Don Tonino era appassionato al vangelo e alla vita di ogni persona. “L’ho visto anche piangere, – racconta un suo collaboratore – come quando ha visto scorrere al tg le immagini della guerra in Iraq. Diceva che in ogni guerra c’è sempre una grande bugia, e più una guerra vuole dimostrare il contrario più la bugia è grossa. Il divario tra il Nord e il Sud del mondo, che lui denunciava, era il primo pezzo della guerra mondiale a pezzi di cui parla oggi il Papa”. Con il fisico minato dal cancro aveva partecipato alla Marcia pacifista di Sarajevo. Aveva scritto: “Devo andare, mi devo spendere fino all’ultimo giorno per tutti, devo andare lì per mostrare che la violenza non porta da nessuna parte”.
Apriva la sua casa alle vittime della “cultura dello scarto”: i poveri, gli immigrati (era il tempo degli albanesi), i tossici…
Ai giovani proponeva con entusiasmo la libertà dalla tre P: potere, profitto e prestigio. Tante volte si era sentito solo, da molti anche incompreso e questo era motivo di sofferenza. Ma di fronte alle passioni tristi, don Tonino ha proposto una vita appassionata. Fino in fondo. Oggi Francesco ce lo indica.
Giovanni Tonelli