Dopo il libro su Sigismondo (2017), alla fine dello scorso anno Ferruccio Farina ci ha dato un nuovo libro su Francesca da Rimini, importante e affascinante, pieno di novità. Non si tratta di una biografia della “vera” Francesca, che chissà se è mai realmente esistita; ma della Francesca di Dante, quella del V canto dell’Inferno.
O meglio si tratta della sua fama, del suo mito, che hanno avuto un mutamento sostanziale alla fine del Settecento: da peccatrice degna dell’inferno a creatura degna dell’universale comprensione e ammirazione in quanto eroina dell’amore e della libertà, ribelle all’inganno in cui era stata tratta nel matrimonio con l’indesiderato Galeotto (inganno rivelato, anzi probabilmente inventato, da Giovanni Boccaccio nel tardo Trecento).
Autore di questo mutamento fu nel 1795 un certo Francesco Gianni, oggi un quasi sconosciuto poeta estemporaneo, che affermava che Francesca era una vittima innocente, un’eroina che neppure la morte era riuscita a fermare nel suo nobile e potente slancio amoroso, e dunque una sorta di ammirevole “martire dell’amore”.
Questa “nuova” Francesca – naturalmente senza peccato e senza più inferno – piacque molto a tutti, e specialmente agli illuministi patrioti, e fu subito la protagonista di molta letteratura e di spettacoli teatrali, tra i quali venne particolarmente applaudita per quasi un secolo la tragedia in cinque atti di Silvio Pellico, scritta e rappresentata nel 1815, cioè prima della sua prigionia allo Spielberg.
L’attrice Adelaide Ristori per oltre cinquant’anni, dal 1837, impersonò con grande successo questa Francesca nei principali teatri di tutto il mondo (anche in America, in Russia, in Asia, in Africa). Fu seguita da Eleonora Duse, protagonista della tragedia di Gabriele D’Annunzio, con una Francesca piena di sensualità che costò un capitale all’attrice innamorata del “Vate”, ma che affascinò per anni un certo pubblico di tutto il mondo e, molto ridotta nel testo (e nella retorica), nel 1914 trovò in Riccardo Zandonai un musicista che le fornì una musica eccezionale: il suo straordinario melodramma è stato messo in scena con successo ovunque per centinaia di volte, e viene tuttora rappresentato. Ferruccio Farina ha registrato tutto questo, e ha inseguito ovunque i suoi protagonisti, dandoci un quadro nuovo della fama della nostra eroina dell’amore, ormai non più dantesca.
Mentre il teatro e la letteratura, e poi il mondo del cinema, si occupavano di Francesca, pittori e scultori (di tutte le “correnti” e gli “stili”: neoclassici, romantici, accademici, veristi ecc.) le davano nuove fattezze, interpretando soprattutto la scena culminante della sua storia: l’agguato di Galeotto e l’omicidio dei due amanti. Ingres, Dorè, Scheffer, Rossetti, Previati, Blake, Rodin, Boccioni, sono gli autori più noti e famosi che, insieme a tanti altri minori, hanno prodotto opere d’arte affascinanti, riprodotte spesso per la prima volta in questo libro, che raccoglie testimonianze grafiche anche recenti a dimostrare la “massificazione del mito” e il suo distacco dall’arte colta, diciamo pure la sua volgarizzazione.
A proposito, uno degli ultimi capitoli è intitolato “Basta Francesche!”, che è un’esclamazione dovuta al futurista Tommaso Marinetti. Insieme al “chiaro di luna” e a tutti gli “ammuffiti storicismi letterari”, nel 1911 Marinetti aveva decretato la scomunica anche della nostra Francesca. Mi ha fatto improvvisamente venire in mente un modo di rimproverare i bambini tipico dei miei nonni e genitori: «Smettetela con tutte queste francesche!»; per dire: con tutte queste storie, stupidaggini, sciocchezze, bugie eccetera.
Ho provato a sentire alcuni amici riminesi, e mi hanno confermato che anche a casa loro si diceva così. Dunque la fama di Francesca – la cui vicenda a Rimini ha avuto versioni poetiche e teatrali anche in dialetto e addirittura un “premio-soggiorno” intitolato a Paolo e Francesca dedicato (e sembra incredibile!) a giovani coppie di sposi – almeno negli anni cinquanta/sessanta del Novecento aveva proprio finito per stufare e comunque veniva popolarmente considerata una noiosa falsità.
Che invece si sia trattato di una cosa ben seria e importante, e che agita un problema ancora attuale, quello della violenza sulle donne, lo dimostra bene questo bel libro di ben 360 pagine e altrettante illustrazioni, ricco di apparati e repertori, edito da Maggioli e pubblicato alla fine del 2019 (Francesca da Rimini. Storia di un mito. Letteratura, teatro, arti visive e musica tra XIV e XXI secolo, 34 euro).
Al suo autore è costato molti anni di lavoro, cui hanno contribuito le dieci “Giornate internazionali Francesca da Rimini” che lui stesso ha organizzato fra Rimini e Los Angeles in collaborazione con la University of California, di cui ci rimangono ben dieci volumi di atti.
Pier Giorgio Pasini