Il personaggio. Giovanni Cantarini, insegnante di lettere al liceo e di musica antica al conservatorio di Bologna, si è esibito nei maggiori festival europei
“Non sono un professore, ma un umanista, esperto di musica antica che si trova a condividere lo studio con altre persone”, così ama descriversi Giovanni Cantarini, classe 1972, insegnante di lettere al Cesare-Valgimigli di Rimini e di musica antica al conservatorio Giovan Battista Martini di Bologna. La sua attività concertistica lo ha portato ad esibirsi nei maggiori festival di musica antica europei all’interno di rinomati ensemble con i quali collabora regolarmente tutt’ora. Dopo il diploma al liceo classico Giulio Cesare di Rimini, decide di laurearsi in lettere antiche a Bologna, per poi intraprendere gli studi musicali alla Schola Cantorum Basiliensis di Basilea con i maestri Dominique Vellard e Gerd Türk, dove passerà “quattro anni pieni di musica”, che lui stesso ricorda come tra i più stimolanti del suo percorso formativo.
Com’è nata la sua passione per la musica antica?
“Fin dalla giovinezza sono sempre stato amante di questo genere musicale, anche grazie a mia madre, persona colta e sensibile, ugualmente appassionata di musica, e alla sua raccolta discografica.
L’interesse si sviluppò durante gli anni del liceo, ma ho scoperto la mia vocazione per il canto a Roma, durante il baccellierato alla Pontificia Università Gregoriana, dove frequentavo i corsi di filosofia.
Ho poi coltivato la mia passione con varie esperienze di studio, come un master in canto Medievale e Barocco, che mi hanno permesso di fare di ciò un lavoro a tutti gli effetti”.
Mentre quella per l’insegnamento?
“Anche in questo caso, la passione prese piede durante gli anni del liceo, grazie anche all’incontro con docenti che mi hanno insegnato molto, facendomi appassionare alle loro materie e al loro modo di insegnare. Uno tra tutti ricordo il professore di matematica Stefano Bordoni, che mi ha influenzato con la sua mentalità aperta e spronato a puntare in alto. Il liceo classico, per me, è stato come un hortus conclusus (dal latino “orto recintato”), un’esperienza evocativa che mi ha dato tanto, che mi ha permesso di sviluppare la mia idea di cultura, lasciandomi il desiderio di condividerla con gli altri”.
Come riesce a conciliare i
suoi impegni?
“Da un punto di vista pratico, grazie alla concessione di alcuni permessi per i quali devo ringraziare la lungimiranza degli organi istituzionali. Personalmente, invece, non percepisco le due cose come due mestieri distinti: quando insegno non parlo di musica, ma la musica è uno strumento meraviglioso, capace di colmare quegli spazi bianchi che di per sé la letteratura lascia. Provate a pensare alla letteratura greca, come sarebbe questa senza musica, senza un accompagnamento che la riempie di significato?”
Quali le maggiori soddisfazioni in ambito musicale?
“Nella mia vita ho avuto molte esperienze che mi hanno reso fiero del mio percorso.
Ricordo con molto piacere gli anni alla Schola Cantorum Basiliensis, ma anche la produzione dei miei album e la mia collaborazione con grandi maestri come Dominique Vellard, Paul Van Nevel, Conrad Steinmann e tanti altri artisti”.
E per quanto riguarda l’insegnamento?
“Ciò che mi soddisfa maggiormente dell’insegnamento è vedere i miei alunni studiare insieme a me, quando in classe c’è un rapporto di insegnamento reciproco, un dialogo da entrambe le parti che permette un confronto e una crescita bilaterale. Prendo molta ispirazione dai miei studenti, e proprio da loro mi viene data buona parte della soddisfazione nel mio lavoro”.
Lei suona strumenti antichi particolari. Come se li procura?
“Nella mia attività musicale ricopro spesso il ruolo di cantante, solo in alcune occasioni mi capita di accompagnare le mie performance con alcuni strumenti tipici dell’antichità.
Il liuto, per esempio, oggi come oggi è abbastanza diffuso tra gli appassionati, rendendolo alquanto facile da reperire presso liutai specializzati, come Anna Radice (Bologna).
Diversa è la situazione per quanto riguarda altri strumenti come la kithàra o l’aulòs, tipici della tradizione greca, per i quali ho collaborato alla ricostruzione con alcuni esperti come Conrad Steinmann e Paul Reichlin.
Per concludere, l’operazione di ricostruzione di strumenti antichi è una cosa che riesco a fare grazie a mie conoscenze personali, lavori di universitari e strumentisti di tutt’Europa”.
Pietro Cerri Valeria Gabatiuc