Ma io sono fiero del mio sognare, di questo eterno mio incespicare e rido in faccia a quello che cerchi e che mai avrai!”. Francesco Guccini ha compiuto ottant’anni. Otto decenni di pura poesia, di puro sentimento per la libertà, per la giustizia. Il suo temperamento tenace lampeggia come un faro in mezzo al mare, illuminando i suoi versi come anche le pagine dei suoi libri. “Stiamo insieme alla ricerca dell’uomo, dentro di noi e fuori di noi, – ha scritto di lui il cardinale di Bologna, Matteo Maria Zuppi – dell’uomo vero che irragionevolmente e anche misteriosamente vuole vivere bene, che cerca la giustizia, che non si rassegna, che chiede di scegliere in tempo e non arrivare per contrarietà. Non vuoi proprio rassegnarti ad «essere cattivo» ed è vero che «dev’esserci, lo sento, in terra o in cielo, un posto dove non soffriremo e tutto sarà giusto»”.
Questo “colosso” del cantautorato italiano ha perfino dedicato un’intera canzone alla città di Rimini. Il brano, dal titolo “Inutile”, racconta la probabile fine di un suo amore dipingendo i suoi sentimenti in modo malinconico, collocandoli sulla riva del mare che “si spezzava in lembi” e seppellendoli definitivamente sotto la pioggia battente di marzo. “A Rimini la spiaggia com’è vuota, quasi inutile di marzo/ Deserta dell’estate, in ogni simbolo imbecille e vacanziera/ E noi, senza nemmeno un poco di ironia, fra gusci e quarzo/ ad inventare, insieme, la primavera”. I versi si susseguono a cadenza irregolare come i battiti del cuore di un innamorato ferito e Guccini si interroga, pone domande che non riceveranno risposta: “Farlo o no?
Parlare o no? Restare assieme e poi cambiarsi la vita?”, e le abbandona lì, immemori, sospese tra rimpianti e pentimenti. Lasciandosi cullare dalla melodia ci si accorge che ci si può immedesimare perfettamente in queste parole. Guccini parla, canta di sé, ma è capace di scavare nel profondo, di giungere nei meandri dell’intimo pensiero umano rendendolo universale. È come guardarsi allo specchio. E Rimini resta lo scenario perfetto per tutti questi mesti pensieri. I cittadini del capoluogo rivierasco lo sanno bene: tanto splendente e frenetica d’estate, quanto cupa e tenebrosa prima dell’arrivo della primavera.
Un originale, appassionato omaggio a Guccini l’ha suonato un gruppo di musicisti riccionesi. La band si è divertita a pubblicare un video, in cui, tramite alcuni artifici tecnici, riesce a combinare in sincronia Guccini (all’oscuro di tutto) – che canta una sua versione rivisitata del brano “Bella Ciao” inserendo i nomi dei politici italiani protagonisti del nostro tempo – con i musicisti che suonavano la medesima canzone (https://youtu.be/x5ALqW13LqM). Per l’ottantesimo compleanno dell’autore di “Dio è morto”, la stessa band gli ha organizzato un piccolo tributo, dal vivo questa volta, interpretando i suoi brani (https://youtu.be/psfTGcHiZQE). A giugno è stato anche organizzato un evento online a livello regionale a cui hanno partecipato – tra altri – Luciano Ligabue e il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini.
È dal 1972, anno del suo vero e proprio debutto artistico, quando lancia l’album Radici, che Guccini ci impressiona con la sua mente brillante, anticonvenzionale: “scusate, non mi lego a questa schiera: morrò pecora nera!”
canterà in “Canzone di notte n.2”.
Possiede un animo genuino, non teme di essere sincero. È figlio della sua terra, di una intera regione e avverte un forte senso di appartenenza alle origini.
Descrive i luoghi del cuore dedicandogli componimenti e perfino romanzi, e noi non scorderemo mai il buon vecchio “Maestrone”, come tanti altri personaggi e immagini citati nel bel libro di Paolo Talanca, Fra la Via Emilia e il West.
Francesco Guccini: le radici, i luoghi, la poetica (Hoepli).
Gli ottant’anni di Guccini sono note impavide vissute come fossero ancora venti, ma eterne come fossero già cento.
Martina Bacchetta
Nella foto il giornalista riminese Giorgio Tonelli (con un passato proprio sulle colonne deIlPonte) intervista il cantautore Francesco Guccini per conto di Rai 3 per gli 80 anni.