Fino a qualche anno fa c’era una regola non scritta che in sostanza diceva: tranne che in casi di personaggi noti, soprattutto in Tv (ma anche nei giornali) non si deve dare notizia di suicidi. Non era un problema di pietas. Tutti gli studi sulla comunicazione di massa compiuti, dagli Stati Uniti al Giappone, hanno sempre rilevato che più si parla di suicidi, presentandoli con un linguaggio fortemente emotivo, più si verificano fenomeni imitativi. È infatti l’identificazione con il protagonista a costituire la condizione determinante per spiegare questi comportamenti. La questione del resto non è nuova. Viene definita “effetto Werther”, cioè suicidio per imitazione. All’indomani della pubblicazione del romanzo di Goethe “I dolori del giovane Werther”(1774) si registrarono diversi suicidi di giovani ‘romantici’ non solo in Germania ma anche in Francia e Inghilterra. Lo stesso accadde dopo la pubblicazione di Le ultime lettere di Jacopo Ortis (1802) di Ugo Foscolo. E, saltando la storia, è sufficiente ricordare 20 anni fa, quando tre ragazzi di Prato allo Stelvio, in provincia di Bolzano, si uccisero con i gas di scarico dell’auto e lasciarono una lettera nella quale scrissero: “Questa vita non ha prospettive”. L’episodio ebbe grande eco sui mass media. Nelle settimane successive si segnalarono altri casi di suicidio con le stesse modalità. E chi non ricorda i sassi dal cavalcavia o le bottiglie di plastica d’acqua siringate con la varecchina? I media (soprattutto le Tv) smisero di parlarne e il fenomeno lentamente si esaurì. E oggi, con la catena di suicidi legati alla crisi che stiamo vivendo? Di fronte alla tragica contabilità di questi mesi la soluzione è staccare la spina? Smettere di parlarne?
Il silenzio tradisce le vittime?
La questione non è semplice. La moltiplicazione dei mezzi di comunicazione e l’eccessiva tendenza a far prevalere il diritto/dovere di cronaca sul rispetto di ogni “buonsenso” se non quello determinato per legge dalle norme sulla privacy(legge n.675 del 1996), rende vano ogni tentativo di mettere il silenziatore su queste drammatiche vicende. L’Ordine dei Giornalisti della Toscana ricorda di aver “cercato di porre un argine alla pubblicazione indiscriminata di notizie di suicidi; pubblicazioni corredate da foto e da articolate, quanto superflue, informazioni su parentele, relazioni e amicizie degli scomparsi”. Spesso sono gli stessi familiari che raccontano le vicissitudini del loro congiunto, magari nella speranza che altri possano riuscire ad evitare lo stesso epilogo.
Giorgio Tonelli