Si è messa al timone quando il mare era in tempesta e la barca faceva già acqua da parecchie parti. Da buon capitano sapeva a cosa andava incontro e scrutava l’orizzonte in cerca di bonaccia.
“Ero preparata”. Dopo quattro stagioni imbarcata, Linda Gemmani, 53 anni, si appresta a chiudere il suo mandato da presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini. (A prendere il testimone dovrebbe essere l’architetto Mauro Ioli).
“Forse la nave non è ancora in porto ma il peggio è passato” rileva la Gemmani. Ottimismo femminile o pragmatismo imprenditoriale?
In questi quattro anni di presidenza, il mondo conosciuto è cambiato. La Cassa di Risparmio di Rimini è stata acquisita dal Crédit Agricole e il Coronavirus è entrato nella vita di tutti.
“Sapevo benissimo cosa mi aspettava, quando ho accettato la presidenza della Fondazione.
Mentre il Covid era un evento imprevedibile, il primo era una rotta già decisa e avviata. La Carim era in piena ristrutturazione, e così pure la Fondazione che deteneva la maggioranza delle azioni dell’istituto di credito riminese.
Come socio di riferimento, la Fondazione doveva verificare la messa in sicurezza della banca ma con Banca d’Italia e Mes i giochi erano praticamente fatti.
La banca è stata salvata, gli azionisti purtroppo no, in primis la Fondazione e poi tutti gli altri.
Ma la banca non è andata in default, come è invece accaduto all’epoca per altri. La vendita della Carim ha permesso la continuità”.
In questa partita, anche la Fondazione ha rischiato grosso.
“Forse Rimini e i riminesi non si sono accorti del pericolo che incombeva. La Fondazione ha perso parte importante del suo patrimonio, da anni non riceveva più i dividendi della Cassa di Risparmio.
Il Consiglio di Amministrazione e l’intero consiglio generale ha lavorato con tutte le sue forze per garantire la continuità. E proseguire così l’attività sul territorio: sociale, culturale e di sviluppo, aiutando Rimini e il territorio a guardare avanti dopo questi mesi terribili in cui tanti han perso la bussola”.
Una buona notizia è l’attivo di bilancio, dopo due anni di perdite: + 242.617 euro.
“Un attivo ottenuto solo con la gestione ordinaria. Questo, insieme alla ristrutturazione del debito e ad altri interventi sui quali la Fondazione sta lavorando, ci permetterà di ritrovare un equilibrio finanziario, e a concentrarci su progetti a medio termine.
Palazzo Buonadrata era sfitto da tempo, il terzo piano e l’ammezzato sono stati locati; speriamo di poter procedere in questo senso anche con altre strutture”.
E Villa Mattioli?
“Nell’attuale periodo è difficile realizzare la dismissione di un immobile importante come Villa Mattioli. Stiamo ragionando di una messa a reddito, ad esempio per un affitto, considerando anche il parco notevole di cui dispone.
Gli spazi all’aperto in questo frangente sono molto ricercati”.
Presidente Gemmani, torniamo alla Carim. È proprio sicura che Crédit Agricole sia stata la soluzione migliore per la Cassa di Risparmio?
“Il gruppo, istituto bancario cooperativo francese fondato nel 1894, è solido e importante in Europa e in Italia. È un istituto bancario sicuro che può regalare al territorio prospettive di nuovo futuro.
Forse non è una banca così locale come qualcuno si attendeva, ma è un’istituto di cui ci si può fidare, un patrimonio non affatto scontato per Rimini”.
Le erogazioni attuali della Fondazione (210.000 quelle dirette) se confrontate al recente passato (1.700.000 nel 2015, 644.916 due anni più tardi) sembrano briciole.
“Come ha detto lei, il mondo dal 2015 è cambiato. Oltre ad avere raggiunto una relativa tranquillità che le permette di guardare al futuro con maggiore ottimismo, la Fondazione ha stipulato accordi con Crédit Agricole e le Fondazione dell’Emilia Romagna che moltiplica la base erogativa, a beneficio di tutto il territorio riminese”.
Nel dna della Fondazione c’è il sostegno all’Università, attraverso Uni.Rimini, ma anche l’aiuto reiterato al Piano Strategico. Ce lo può spiegare?
“Sei mesi fa c’è stato un incontro molto proficuo proprio sul Piano Strategico con tanti attori coinvolti, per capire come utilizzare il contributo non solo economico della Fondazione e di altri soggetti e favorire un dialogo sui temi più importanti che toccano la nostra provincia. Quali cose da fare e quali decisioni adottare, e quali esigenze affrontare nei vari ambiti di intervento”.
La cultura è un altro ambito di pertinenza della Fondazione. Tra i progetti dietro l’angolo c’era una ambiziosa mostra su Giovanni da Rimini.
“È tra i tre, quattro progetti rallentati dal Covid. Dopo aver sostenuto lo scorso anno la pubblicazione del libro di Alessandro Giovanardi con le fotografie di Gilberto Urbinati, l’intenzione era di sviluppare il progetto con una mostra sulle importanti croci di Giovanni da Rimini, insieme ad altri pezzi importanti del Trecento Riminese.
La mostra è solo rinviata, ed è la testimonianza concreta di come la Fondazione può fare da collettore e orientare un sistema di rete, utile e necessario, per realizzare nuove e arricchenti esperienze culturali a beneficio di Rimini e dell’intera collettività”.
Il 22 giugno finisce il suo mandato.
“Lascerò una Fondazione che veleggia verso la tranquillità. Questi quattro anni di presidenza sono stati, per impegno e dedizione, superiori alle mie possibilità. Sapevo a cosa andavo incontro e ho affrontato l’impegno con senso di responsabilità. Ora che il peggio è alle spalle, debbo ritornare agli impegni personali e professionali accantonati durante la presidenza”.
Presidente Gemmani, sinceramente qual è stato il momento più difficile alla guida della Fondazione?
“Dover prendere decisioni impopolari, specie sulla dirigenza precedente della banca e portare a termine il percorso di Carim. È stata una vera sofferenza, che i riminesi non hanno compreso. Ma il rischio default era veramente dietro l’angolo, e sarebbe stato devastante per l’economia del territorio riminese. Di più non si poteva fare.
Non anelo ad onori personali ma spero che il tempo renda ragione alle scelte operate”.