Alzi la mano chi non è mai andato nella sua vita da un fisioterapista. Chi per una tensione muscolare, un mal di schiena, chi per una riabilitazione a seguito di un trauma o di una patologia, chi è stato indirizzato ad un trattamento dal proprio medico anche solo per un’emicrania o un’incontinenza urinaria. Già, perché sono molteplici e a volte impensabili i disturbi che possono – secondo la letteratura medica – trarre vantaggio da questo tipo di terapia.
Il progressivo invecchiamento della popolazione, con tutte le conseguenze che ciò comporta a livello di assistenza (in provincia di Rimini le persone che hanno superato i 65 anni sono il 22% del totale e quelle over 75 hanno raggiunto l’11%) e un’attenzione sempre più forte al benessere e allo sport (non senza qualche rischio collaterale nelle articolazioni e i muscoli) sono i fattori che possono spiegare il boom di ambulatori e studi privati che sventolano il titolo di fisioterapista sul campanello. Il lavoro sembrerebbe non mancare, ma è davvero così?
Che quella del fisioterapista sia una strada molto gettonata tra le nuove generazioni non c’è dubbio. Lo conferma Mauro Giacobazzi, coordinatore didattico del corso di laurea in Fisioterapia dell’Università di Bologna. “In tanti aspirano all’esame d’accesso. Noi mettiamo a bando ogni anno 61 posti (uno riservato ad uno studente non dell’Unione Europea, per il quale è previsto un esame a parte), di cui 21 a Bologna, 20 a Imola e altri 20 a Cesena”. Ma a provarci sono in centinaia.
Una ragione sta negli sbocchi occupazionali, che sembrerebbero assicurati. Secondo la XVI Indagine sulla condizione occupazionale dei laureati del Consorzio inter-universitario Almalaurea (dati 2013), non solo il gruppo delle professioni sanitarie si conferma leader con il tasso di occupazione più alto che supera l’80%, contro il 35% circa degli altri laureati, ma tra questi in pole position ci sono proprio loro, i fisioterapisti.
“Se le professioni sanitarie, più in generale, raggiungono ottimi livelli di occupazione a cinque anni dalla laurea, tra i fisioterapisti italiani si registrano gli stessi livelli dopo un solo anno” spiega ancora Giacobazzi.
L’ultima sessione, tra i tre Campus emiliano-romagnoli, ha visto laurearsi 54 giovani. “Sono sempre più numerosi gli uomini – osserva il coordinatore – mentre per ciò che riguarda le ambizioni lavorative, sono sempre più diffusi i liberi professionisti rispetto ai dipendenti di strutture pubbliche o private”.
Questa professione ha però un grande limite: la mancanza di un albo non tutela né i fisioterapisti né i pazienti che rischiano di mettersi nelle mani di operatori non adeguatamente preparati. Gli iscritti ad AIFI – Associazione Italiana Fisioterapisti, in provincia di Rimini, sono una cinquantina (articolo sotto) ma l’iscrizione non è obbligatoria. Quindi gli operatori abilitati (ma anche i fisioterapisti che si “spacciano” tali) potrebbero essere molti di più.
Alessandra Leardini