Avendo conosciuto validi amministratori pubblici in schieramenti diversi, questa generalizzazione per cui ‘fare il politico’ renda automaticamente un farabutto non l’ho mai mandata giù. Per non parlare del qualunquista “io ai parlamentari darei lo stipendio di un operaio, voglio vedere poi se ci vanno”. Nella mia ingenuità, auspicherei che a Roma ad occuparsi di infrastrutture ci fossero ingegneri, di salute fossero dei medici, di giustizia dei giuristi o quanto meno degli avvocati, di università dei docenti universitari, di industria
degli imprenditori e via dicendo. Persone competenti che per il periodo della loro vita consacrato alla gestione della cosa pubblica, dovrebbero quindi avere un compenso ragionevole (ovviamente non spropositato in eccesso o con anacronistici vitalizi). Questo perché, sempre nella mia ingenuità, penso che chi chiede voti per importanti ruoli amministrativi poi debba essere assiduamente e responsabilmente presente a sedute e impegni istituzionali, mettendo in secondo piano la propria carriera professionale, e mantenga il suo impegno completando il mandato. Per arrivare al dunque: non è che chi chiede voti potrebbe dirlo prima se si impegna ad arrivare a fine mandato oppure, se in corso d’opera trova altre prospettive, si riserva la possibilità di salutare la compagnia? Nel senso che, se chiedi voti perché dici che sei la persona giusta per quell’incarico, almeno rispettalo fino alla fine. Se è qualunquismo, togliete pure.