A leggere sui social network nelle settimane prima, uno si immagina le elezioni come un’esplosione di feudalesimo moderno dove i nobili di alto rango, ovvero i candidati a sindaco, sono sostenuti nella battaglia dalle classi immediatamente sottostanti nella scala gerarchica, i candidati consiglieri (non chiedetemi di vassalli valvassori ecc… che non li ho mai imparati in ordine). E poi sotto tutti gli altri a contribuire in ordine sparso con i loro post a screditare l’inimico. Poi uno si trova per lavoro la sera della spoglio in un comune dell’entroterra e invece della tensione palpabile si ritrova in un clima deliziosamente tranquillo: nella piazza principale davanti al Municipio ci sono quattro ragazzi a guardare video scemotti sui telefonini e un gatto che entra e esce da un cantiere. Nei seggi c’é vita, certo, e quando il risultato è certo i cavalieri della sala del Consiglio si radunano per i doverosi, ma contenuti festeggiamenti. Poi davanti alla sede elettorale degli sconfitti passa un gruppetto di vincitori: un saluto sornionamente beffardo ma finisce lì e ben presto torna il silenzio. Tutti a casa a lucidare le armi per la prossima pugna. Lance, scudi e frecce? Nel feudalesimo 3.0 basta la freccetta del mouse.
Il Caffè Scorretto di Maurizio Ceccarini