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Fellini? Puntiamo sulla moda

Capitolo numero 3. Dopo le interviste al nuovo presidente di UniRimini Leonardo Cagnoli e al regista Pupi Avati siamo ancora qui a parlare del rapporto tra Rimini e Federico Fellini e della possibilità di portare il grande regista riminese sulle cattedre dell’Università di casa nostra. L’illustre interpellato di questa settimana è Giovanni Matteucci, il Direttore del Dipartimento di Scienze e qualità della vita dell’Alma Mater di Bologna, al quale fa capo anche il corso di Laurea in Moda. Un corso sui film di Fellini? Scenografie, sceneggiature, costumi… parliamone.

Prof. Matteucci, il dott. Cagnoli ci ha detto che le avrebbe parlato della possibilità di portare Fellini all’Università. C’è stata questa telefonata?
“Si, si, ho avuto modo di confrontarmi su questa possibilità, però volevo dirle che per noi non è una novità. Fellini è sempre stato dentro l’Università a Rimini. Ogni volta che ne abbiamo modo attingiamo al maestro del cinema e a tutti gli spunti creativi che riesce sempre a darci”.

Il Cinema è già dentro l’Università a Rimini, allora?
“Certo e anche in modo importante. Dallo scorso anno, per esempio, insegna a Rimini il professor Roy Menarini con il corso di Moda e iconografia del Cinema”.

Di cosa si tratta?
“È un insegnamento importante perché moda e cinema concorrono in maniera decisiva alla creazione dell’immaginario contemporaneo, e corrono paralleli nell’intrecciare valore estetico, valore simbolico e valore economico. Vorremmo che gli studenti imparassero così ad analizzare mode, stili e culture visuali del cinema recependo tecniche e prassi della costruzione iconografica del film. In particolare per quel che concerne il rapporto tra corpo, cultura, spazio sociale, linguaggio e cinema”.

Mi diceva che Fellini è sempre al “centro dei suoi pensieri”, che ogni volta che può lo “utilizza”. Ma ha in mente qualcosa di più consistenze o comunque focalizzato solo su Fellini?
“Un’idea potrebbe essere centrata sui costumi utilizzati nei film di Fellini. Esiste questo grande patrimonio – proprietà della Fondazione Fellini – che sarebbe un peccato non mantenere in vita. Riprenderlo per studiarlo, per farci ispirare e per ridarlo alla città sotto forme diverse. Magari come nucleo fra altri di un museo della moda, perché no? Ma è un idea, ne abbiamo altre e stiamo camminando in modo cauto perché non vorremmo fare un passo sbagliato”.

Un museo della moda? Ne abbiamo la forza?
“In primo luogo abbiamo i materiali, ai quali deve seguire una necessaria sinergia completa, che coinvolga tutti gli attori della città e non”.

Rimini, e poi?
“Che Rimini partecipi è sicuramente importante ma questo è un patrimonio che va oltre, perché non coinvolgere anche la Regione e andare anche fuori regione…”.

È patrimonio di tutti…
“Vede noi in Italia abbiamo dei grandi patrimoni. Patrimoni che appartengono al mondo creativo, al cinema, alla moda. Ed è quello su cui dobbiamo puntare, anche in un momento di crisi come questo”.

La scorsa settimana abbiamo intervistato il regista Pupi Avati, anche con lui abbiamo parlato di Rimini, del cinema e di Federico Fellini. Avati ha tirato un po’ le orecchie al sistema d’insegnamento italiano che forma ragazzi solo a livello teorico, poi incapaci di essere collocati nel mondo del lavoro o comunque incapaci a “fare” cinema. Lei che è parte integrante di questo sistema di formazione cosa risponde a Pupi Avati?
“Dico che Pupi Avati ha perfettamente ragione. Il grande patrimonio culturale di cui le ho appena detto è una certezza ma non siamo capaci di trasmetterlo proprio per la difficoltà a tenere insieme componente culturale e componente pratica. Il fare, la capacità, questo made in italy creativo non riusciamo a trasmetterlo e ad insegnarlo in modo efficace. Vogliamo provare a farlo anche in questo modo, con i nostri nuovi progetti dentro l’Università a Rimini – cosa che sperimentiamo da anni attorno al tema della moda”.

Un problema tutto italiano. Forse perché non riusciamo a cogliere anche il lato economico e commerciale dei patrimoni creativi?
“Si può e si deve fare un discorso di questo tipo. Se si vuole favorire lo sviluppo dell’industria culturale creativa occorre imparare a gestire quei complessi processi grazie ai quali in essa l’inventività si fonde inestricabilmente con la necessaria dimensione economica”.

Ritorniamo a Rimini e a Fellini, cosa si deve fare per far partire questi progetti?
“È necessario che Rimini li viva come progetti condivisi, e non li veda come i progetti di questo o di quel soggetto. E ci sono motivi per essere fiduciosi anche perché in questi anni i dialoghi sono stati più che avviati. Sappiamo che la Fondazione ha avuto dei problemi e anche UniRimini ha vissuto una transizione delicata quanto inevitabile con la morte inattesa del dott. Chicchi. Questo è un momento di passaggio per diverse realtà istituzionali. Ma sono convinto che si possa continuare a fare molto bene nel prossimo futuro anche grazie all’elezione del professor Cagnoli. Credo sia la persona giusta per andare avanti”.

Angela De Rubeis