Gli psicologi lo definiscono un “evento stressante estremo”, si tratta della morte del coniuge, un lutto che segna la vita emotivamente, rompe un equilibrio e rimette in discussione le dinamiche familiari. Secondo i dati nazionali sono 4,5 milioni gli italiani che si trovano in questo status che nasconde oltre ad un disagio sentimentale un disagio reale dal punto di vista del welfare. 1,2 milioni le famiglie con a capo una persona vedova. Le associazioni dei vedovi parlano di loro stessi come di un “pianeta dimenticato” e segnalano punto per punto quali sono le mancanze politiche e normative che interessano loro e i loro figli, soprattutto se i figli sono dei minori e se i coniugi sono morti prima di avere diritto alla pensione. Una piccola precisazione, in Italia sono le donne a rimanere vedove prima e con più frequenza (1 vedovo su 5 vedove).
Tutte le volte che i vedovi si esprimono, raccontano le loro storie, emerge forte, una consapevolezza: quella di essere ancora una famiglia.
Tra fine anni ‘90 e i primi anni del 2000 il tema della vedovanza è stato seguito con molta attenzione (l’Ufficio Famiglia della Cei organizzò tre convegni nazionali nel ‘97, nel ‘99 e nel 2001), adesso questa “categoria” è completamente dimenticata dalle strategie di welfare del paese.
Essere in uno stato di vedovanza implica il rimanere invischiati in una serie di difficoltà giuridiche e civili che meritano di essere affrontate in modo serio anche solo per il numero di persone che coinvolge.
I numeri di Rimini
Nella provincia di Rimini, stando ai dati della distribuzione della popolazione 2013 (elaborati da Urbistat su dati Istat, vedi tabella a lato) sono 23.685 (su un totale di 326.936 abitanti) i vedovi residenti, con un’incidenza sulla popolazione del 7,2%, dato più basso di quasi un punto percentuale rispetto alla media dell’Emilia Romagna che si attesta sull’8,1%. La media italiana è di 7,6% mentre quella di San Marino è del 2,8%.
La tabella mostra come la concentrazione maggiore (oltre la metà) di vedovi si registri tra i 75 e gli 89 anni ma ci sono anche 2 vedovi tra i 20 e i 24 anni, 4 tra i 25 e i 29 anni; e 18 tra i 30 e i 34 anni. Sul lato opposto del grafico, invece si registrano 83 ultracentenni vedovi su un totale di 97 persone, 82 delle quali donne.
Principio di eguaglianza tra
le famiglie vedove e le altre famiglie
Più che di diritto alla pensione del coniuge defunto (Il 60% per i coniugi senza figli, 80% in presenza di un figlio; 100% in presenza di 2 o più figli) si parla di diverso trattamento fiscale.
Il trattamento fiscale di una famiglia “vedova”, è diverso da quello di una famiglia normale. Infatti secondo l’art. 1 comma 41 della L.335/95 è prevista un’unica tassazione dei due redditi con un’aliquota fiscale superiore a quella che si pagava separatamente con il coniuge vivente e con un reddito intero. In questo modo la pensione di reversibilità si può ridurre alla metà del suo valore.
“Questa pensione inoltre si basa sull’entità dei redditi personali del soggetto piuttosto che sui contributi versati dal titolare diretto della pensione ossia il coniuge deceduto. Non vengono nemmeno riconosciuti eventuali contributi volontari, versati effettuando operazioni di riscatto”, scrivono da il Melograno, la più grande associazione italiana che si occupa di diritti dei vedovi.
C’è chi rimane
senza pensione
È il caso di chi rimane vedovo prima che il coniuge abbia versato 5 anni di contributi da lavoro. Spesso si tratta di famiglie giovani con figli minori a carico. “In un Paese in cui può essere a carico del lavoratore oltre al coniuge ed ai figli anche il suocero, il genero, la nuora o anche il figlio non convivente – scrivono ancora da il Melograno – per lo Stato i nostri figli sono invisibili salvo però ricordarsene quando si tratta di decurtare la pensione o di pagare a prezzo pieno la mensa scolastica o i ticket sanitari”. Stando alle loro dichiarazioni, infatti, un genitore vedovo non potrà avere a carico il figlio orfano che percepisce una pensione di reversibilità se questa supera di qualche migliaia di euro il tetto di 2.840 euro e non potrà dunque dichiarare le spese sanitarie, scolastiche, sportive come per tutte le altre tipologie di famiglia.
I diritti del vedovo
In generale, nel caso in cui non sia presente un testamento interviene la successione legittima, un terzo al coniuge e due terzi ai figli se i figli sono più di uno; in caso contrario (figlio unico) si divide a metà tra figlio e genitore superstite. Se non si è in presenza di figli ma sono ancora in vita fratelli del defunto allora i due terzi vanno al coniuge e un terzo ai familiari del defunto. Il coniuge superstite inoltre ha il diritto di abitare la residenza familiare e utilizzarne i mobili. Quanto detto vale per la divisione dei beni. Mentre se i coniugi sono in comunione di beni le cose cambiano visto che al momento della morte il coniuge superstite è già titolare della metà del patrimonio acquistato durante il matrimonio. Anche in presenza di un testamento “avverso” al coniuge, quest’ultimo non può essere diseredato in quanto “erede necessario”. Questo vuol dire che nel redigere il testamento non si ha a disposizione l’intero patrimonio, esiste una parte riservata necessariamente al coniuge e ai figli oppure, se non ci sono figli, ai genitori del defunto. Infine, in caso di separazione i diritti successori sopravvivono a meno che la separazione non sia stata addebitata al coniuge superstite. I diritti successori cadono, invece in caso di divorzio. Nel caso in cui il coniuge supersite riceva un assegno divorzile è previsto, però, il percepimento della pensione di reversibilità. L’assegno verrà diviso tra eventuali nuovi coniugi subentrati dopo il divorzio.
Angela De Rubeis