Luca, Valentina, Stefano, Rita… Mentre giocano a pallavolo sui campi di sabbia non si distingue l’emiliano dal pugliese, il lombardo dal toscano. Al “Bar Dune”, in quel di Marinagrande a Viserba, si mescolano gli aperitivi serviti ai riminesi con quelli gustati dai graditi ospiti. È così che prende il via il concetto d’integrazione reso concreto grazie all’impegno di enti che si sono messi insieme ancora una volta sotto il segno di Esportiamoci, l’evento targato ANPIS (Associazione Nazionale Polisportive per l’Integrazione Sociale) giunto alla IX edizione e dedicato alla salute non solo mentale. Un percorso che va assumendo ogni anno maggior rilievo.
Combattere il pregiudizio
“L’esperienza fatta in questi anni a Viserba – sottolinea Andrea Panizzi, presidente regionale dell’Anpis – sta gettando le basi per un progetto nazionale che si ispiri a questa filosofia di integrazione. Il fatto che le persone (molto spesso con difficoltà di natura psichica) ospitate facciano sport e vivano questi cinque giorni in un ambiente socializzante, a contatto con la città, e non relegati in uno spazio a loro riservato come spesso accade, ha dato risultati positivi. Occorre sempre più coinvolgere il territorio nelle iniziative che si fanno, uscire allo scoperto per combattere il pregiudizio”.
Per fare un esempio concreto: le persone venute a Viserba per “Esportiamoci” sono state distribuite nei vari ombrelloni di Marinagrande, a caso, tra gli altri, non tutti nella stessa zona, tanto che a volte la ricerca del proprio ombrellone è divenuta ardua! Ma anche questo è diventato occasione di conoscenza e conversazione. A volte ci si riempie la bocca di tante parole. Non si sa come chiamarle, queste persone (disabili? Diversamente abili?), ma si scopre che basta poco e che possono insegnarci tanto con la loro semplicità.
Andare oltre l’apparenza
È la sensazione percepita partecipando all’incontro serale sulla spiaggia L’ANPIS si racconta al quale hanno partecipato anche alcuni giornalisti e il presidente della Circoscrizione 5 di Viserba, Fabio Betti. “Per la prima volta da tre anni a questa parte mi sono divertito un sacco!” – esclama Nicola – “Grazie a tutti perché sono guarito” gli fa eco un componente del gruppo sportivo Special Boys. Discorsi che possono sembrare enfatici ma la dicono lunga sulla vitalità di queste persone con i loro pregi e le loro uscite a volte troppo allargate, certo, ma saper accogliere significa anche questo: andare oltre l’apparenza. Andare oltre quelle espressioni e quei gesti che a volte fanno sorridere per scoprire “Quanta ricchezza e creatività c’è in queste persone” come ha affermato, durante la conferenza di presentazione, il dottor Riccardo Sabatelli, responsabile del Modulo di Riabilitazione Dipartimento Salute Mentale dell’Ausl di Rimini.
Sabatelli ha ricordato anche come lo sport si presti a far emergere tale creatività offrendo allo stesso tempo l’occasione per divertirsi insieme. L’importanza dello sport è stata confermata anche dal direttore generale dell’Azienda Sanitaria, Marcello Tonini.
“È molto importante di questi tempi avere la forza di portare avanti valori e idee come questi – ha sottolineato – ed essendo un ex sportivo posso dire che ogni disciplina crea aggregazione; ricordo molto bene la gioia di stare insieme, mentre si fa sport e l’importanza di condividere una fatica”.
Stare insieme, fare gruppo
Stare insieme, fare cose con altri, mescolarsi. Molti dei concetti emersi durante questo evento possono essere di aiuto in varie realtà. Si è parlato di promozione della salute mentale e di prevenzione della malattia, perché il disagio può riguardare tutti e il confine a volte è sottile. “In qualsiasi utente ci può essere un operatore ed in qualsiasi operatore ci può essere un utente”. Giovanni, uno degli operatori giunti a Rimini, ha espresso questo concetto per spiegare come in alcuni periodi della vita anche chi soffre può essere di aiuto agli altri e chi insegna e lavora per alleviare il dolore può avere un periodo in cui ha necessità lui stesso di aiuto. La necessità condivisa unanimemente è quella di coinvolgere nelle attività delle associazioni il territorio a più livelli, dove ciascuno possa fare proposte e apportare il proprio contributo per migliorare la vita delle persone e per combattere la paura della diversità.
Silvia Ambrosini