Dopo la pandemia c’è stata una buona ripresa, che negli ultimi anni si è però fermata. In linea con l’andamento nazionale l’export 2024 non è andato bene e c’è una perdita del 6%, a cominciare dai settori trainanti come macchinari, prodotti meccanici e mezzi di trasporto
Contrariamente a quanto ha affermato la Presidente del Consiglio, il 2024 non è andato bene per l’export nazionale, diminuito, seppure di poco, sia in valore sia in volume. Non è nemmeno vero che l’Italia è il quarto paese esportatore al mondo, perché siamo solo al settimo posto, dopo la Corea del Sud (Ocse). In questa situazione la minaccia, quasi certa, di dazi da parte del nuovo governo americano certamente non promette un 2025 migliore. La riduzione delle esportazioni ha riguardato molti settori della manifattura, in particolare la vendita di autoveicoli, mezzi di trasporto, prodotti petroliferi raffinati, metalli di base e prodotti in metallo, escluso macchine e impianti. Sono andati, invece, bene le vendite estere di articoli sportivi, giochi, strumenti musicali, preziosi, strumenti medici, articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici e prodotti alimentari, bevande e tabacco. Tutti settori, nel primo come nel secondo caso, che incrociano le esportazioni della provincia di Rimini e della Romagna, in sofferenza anche loro.
Le esportazioni riminesi Esportazioni ed importazioni che nel caso di Rimini procedono, benché su linee e diverse, piuttosto in parallelo.
Dopo la pandemia c’è stata una buona ripresa, che negli ultimi anni si è però fermata. In linea con l’andamento nazionale l’export 2024 non è andato bene e c’è una perdita del 6%, a cominciare dai settori trainanti come macchinari, prodotti meccanici e mezzi di trasporto. Sono andati meglio, con segno positivo, gli articoli di abbigliamento e i prodotti alimentari. Le uniche province regionali a segnare un export positivo nel 2024 sono state: Piacenza, Parma e Forlì-Cesena.
In ogni caso il saldo (differenza tra export ed import) provinciale tra i due flussi commerciali è sempre positivo ed in crescita, salvo l’ultimo anno: da poco meno di 900 milioni di euro del 2010 a 1,3 miliardi nel 2024. Esportazioni, a parte una piccola frazione di prodotti agricoli inferiore al 2%, che sono rappresentate quasi esclusivamente da merci manifatturiere. In ordine d’importanza, i primi cinque macro settori di esportazione provinciale sono (2023): macchinari, che comprendono motori, componenti elettronici, ottici, ecc.. (1,04 miliardi di euro); abbigliamento (511 milioni); mezzi di trasporto (465 milioni); prodotti alimentari e bevande (299 milioni) e metalli e prodotti in metallo (238 milioni). Una gerarchia, pur con numeri diversi, simile a quella dell’anno Duemila. A conferma che la struttura produttiva locale non ha subìto, negli ultimi decenni, innesti o cambiamenti di rilievo. Qualche spostamento, invece, c’è stato nei mercati di riferimento, dove l’Unione Europea rimane sempre il mercato più importante, ma dal 2010 al 2023 la sua quota scende dal 58 al 43% dell’export totale. Perdita che si riduce se consideriamo l’8% di esportazioni verso il Regno Unito (RU), un tempo conteggiata nell’Unione. Nello stesso arco temporale cresce la quota dell’America del Nord (Stati Uniti e Canada), che sale dal 5 al 18% (16,7% solo negli USA). Si mantiene, invece, stabile la frazione dei paesi europei extra Unione (17%, che oggi comprende anche il RU). Porzioni minori di esportazioni 2023 sono andate in direzione dei mercati dell’Asia (9%), Medio Oriente (5%) America Centro Meridionale (4%), Oceania (2%) e Africa (1,5%). I valori assoluti ci illuminano sulle grandezze dei flussi, ma non ci informano sulla maggiore o minore attività estera dell’economia locale. Per un confronto territoriale allargato ci serviamo di due indicatori, con riferimento all’anno 2024: la propensione all’export (esportazioni/ pil x100) e l’export pro-capite. La propensione alle esportazioni della provincia di Rimini è intorno al 26,4%, 52ª posizione su 107 province italiane, inferiore al dato nazionale (31) e ben lontana dal 64% di Piacenza, 61 Reggio Emilia, 60 Modena e 50% di Parma. Meno distanti da Rimini sono Forlì-Cesena e Ravenna, province con la propensione ad esportare rispettivamente del 31 e del 41%. Una forbice tra province che inevitabilmente si ripropone quando utilizziamo l’export per abitante, con Rimini poco sopra 9.000 euro, la metà del valore medio regionale, a fronte di 26.000 euro di Modena, 25.000 di Reggio Emilia e 24.000 di Piacenza. Sopra Rimini, ma non troppo, le altre due province romagnole: 11.000 euro Forlì-Cesena e 14.000 Ravenna. Fa peggio solo Ferrara. Sono numeri che testimoniano come una diversa presenza della manifattura, più attiva in Emilia e meno in Romagna, alla fine si faccia sentire, considerando che si esportano soprattutto prodotti industriali. Prodotti che incorporando sempre più servizi avanzati (basta pensare ad internet delle cose che consente riparazioni a distanza, anche da un continente all’altro, di macchine complesse), funzionano da traino per innovazione, ricerca e, appunto, servizi di alta tecnologia. Non è, per Rimini e la Romagna, una situazione nuova, piuttosto fa parte del deficit strutturale, o se vogliamo di una diversa organizzazione dell’economia di questo territorio. Con dati di inizio Duemila si ottengono grosso modo le stesse distanze tra province. Non è quindi un caso se la Romagna copre solo un sesto dell’export regionale, pur disponendo di un quarto delle imprese.